Continua lo "stillicidio" di punti persi da parte dei Lupi. Dopo il brutto pari di Andria, un altra gara (al cospetto di un Catania che non è più in grado di fare paura come negli scorsi anni) che lascia dietro di sè tanto rammarico, per una vittoria che, pur essendo assolutamente alla portata, non è stata portata a casa.
Eppure la cronaca di questa gara in terra siciliana ha restituito un Avellino, che pur mostrando e dimostrando sul campo di essere decisamente superiore agli avversari, non è stato in grado di concretizzare la chiara differenza di spessore tecnico a proprio favore.
Pur essendo alle prese con tante defezioni di uomini importanti, era partita molto bene la compagine biancoverde. Ma è bastato un contropiede degli Etnei per andare ignobilmente sotto nel risultato. Come accade a Viterbo contro il Monterosi, era appena il 7', allorquando una veloce ripartenza di Zanchi sulla sinistra non è stata tamponata da nessun difensore avellinese. Il tiro del Siciliano, molto teso e forte, è stato respinto maldestramente da Forte, con la sfera che è finita sui piedi di Moro, che da due metri ha messo dentro il gol che sbloccato la gara.
Così, il Catania che già si era posizionato tutto dietro la linea della palla, ha avuto il modo di trovare la situazione tattica migliore. L'Avellino ha avuto la capacità di non disunirsi e di continuare a portare palla ea proporre una manovra offensiva comunque priva di sbocchi significativi. I padroni di casa, pur avendo limiti tecnici ed atletici in terza linea, sono riusciti agevolmente a tamponare i tentativi degli Avellinesi.
Ma allo scoccare della prima frazione di gioco, da un calcio franco di Aloi ai trentacinque metri, è arrivato il pareggio dei Lupi, grazie ad una girata in porta di Plescia sul tiro cross del capitano. Un gol decisamente meritato, per il volume di gioco espresso, ma che poteva essere tranquillamente quello del vantaggio, anzichè essere semplicemente quello del pari.
Ad inizio ripresa l'Avellino ha ripetuto quanto di buono fatto vedere nella prima frazione di gioco, ma come già avvenuto nei primi minuti della gara, dopo poco più di una decina di minuti, il Catania è tornato inopinatamente in vantaggio grazie ad uno svarione dell'intera retroguardia biancoverde, che non è riuscita a spazzare via una palla arrivata dalle parti di Forte, che ci ha messo anche un pò di suo, con quella smanacciata maldestra, che ha consentito ai Catanesi di tornare rocambolescamente in vantaggio con Claiton.
L'ultima mezzora di gara è stata un po' lo specchio del primo tempo, con l'Avellino che ha fatto la partita ed il Catania che si è ritrovato, magari anche senza saperlo, immeritatamente in vantaggio. I Lupi hanno continuato a spingere, trovando e ritrovando davanti a sè il muro dei Siciliani. Mister Braglia, che a nostro avviso stenta a vedere il gioco, e soprattutto a trovare un'idea tecnico-tattica per far cambiare l'inerzia della gara, anche questa volta ci ha messo, colpevolmente, tanto tempo prima di effettuare (soltanto al 72') il primo cambio: fuori uno sconclusionato e confusionario Rizzo e dentro Micovschi.
La squadra biancoverde ha aumentato i giri del proprio motore e, nel batti ribatti finale, è riuscita pervenire allo strameritato pareggio, con un gran colpo di testa di Silvestri. Il pareggio strappato per i capelli contro una squadra che, lo ripetiamo, si è dimostrata a livello di una delle tante piccole avversarie di questo girone, la dice lunga sui tanti problemi che ancora affliggono l'Avellino. Problemi che di sicuro non si possono annettere solo e soltanto alla mancanza di uomini importanti: la rosa dei Lupi e talmente vasta che non si possono accampare scuse.
Vero è, invece, che il mancato esonero di Braglia (che anche stasera in Sicilia ha avuto decisamente troppo "rispetto", per non dire paura, di un' avversaria abbordabilissima) ha comportanto e sta continuando a comportare un evidente disorientamento mentale e tattico nella squadra, che si sta rivelando uno stillicidio molto difficile da sopportare.
Ma questa situazione insostenibile ha un unico responsabile: il presidente D'Agostino, a cui starebbe benissimo il soprannome di "temporeggiatore". La decisione di non decidere, il mancato esonero di mister Braglia, dopo l'indecorosa prestazione dell'Avellino in quel di Viterbo contro il Monterosi, e ancor di più, la riconferma del tecnico maremmano dopo l'altra indegna prestazione dei Lupi ad Andria, appena domenica scorsa sta finendo con il recare enorme nocumento all'intero ambiente biancoverde.
Sarebbe davvero ora che la società, questa società di gente inesperta e poco capace nella gestione delle questioni tecniche (se mai fosse in grado di prendere decisioni importanti, senza limitarsi a galleggiare e a vivacchiare alla giornata), cominciasse ad assumere consapevolezza dei propri limiti.
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