Quando il Parma lo prelevò dal Frosinone nell'estate del 2012, il suo nome già faceva il giro dei taccuini di decine di club professionistici, rapiti dalle sue qualità da giocoliere e sovrano della fascia. Salvatore Moccia aveva appena 15 anni ma una capacità innata di saltare gli avversari come birilli e di sfornare assist per i compagni in quantità industriale. Non che fosse un goleador provetto ("ho sempre preferito far segnare piuttosto che segnare, è più forte di me", premette), ma negli occhi di molti osservatori galeotta fu con ogni probabilità la prodezza messa a segno a Pescara con l'Under 15 ciociara. "Un gol da centrocampo, forse il più bello finora di tutta la mia carriera: ci ho creduto e sono stato fortunato. Solo dopo c'è quella famosa punizione di due anni fa contro la Frattese, quando militavo con la Flegrea", ricorda. Un gioiello da 35 metri di rara bellezza e precisione, che forse costò la promozione in D ai nerostellati. Da allora, Moccia ebbe modo di essere inserito nei settori giovanili di Fondi e Latina fino all'approdo nella Primavera del Bari. Quindi l'esperienza in D col Marcianise - l'esordio assoluto con una prima squadra - la convocazione al Torneo di Viareggio con la Rappresentativa di categoria e, dopo pochi mesi, il meritato salto tra i professionisti a Catanzaro, voluto fortemente dal Ds Antonello Preiti. Quindi diverse esperienze nel massimo campionato dilettantistico, tra cui un campionato vinto a Bisceglie, e un passaggio fugace per Malta, sponda Senglea Athletic. Qualche battuta d'arresto e almeno un paio di scelte non felici hanno rallentato la sua ascesa, ma oggi, a 23 anni, il ragazzino di un tempo ha lasciato spazio all'uomo. Da qui una riconsiderazione delle priorità personali, una rilettura diversa dei propri errori e una predisposizione non comune all'autocritica - partendo soprattutto dall'ultima annata - grazie anche ai consigli di papà Antonio che ne segue quasi quotidianamente i passi. Per l'attaccante di Soccavo, la vita inizia adesso. "Intanto mi preme ringraziare il presidente del Gladiator Aveta - esordisce ai nostri microfoni -. E' stato lui a volermi fortemente a S. Maria un anno fa. Poi ringrazio anche Emanuele Marzocchi, che da molto tempo cura i miei interessi. Lui è soprattutto un amico più che un agente. Una persona splendida, che ti sta vicina quando vivi dei momenti bui, che ti dà continuamente autostima. Emanuele è una persona che stimo tantissimo, di cui mi fido ciecamente. Sono andato via dal Gladiator a settembre perché mi ero reso conto che forse avrei avuto poco spazio per le mie specifiche caratteristiche in relazione al modo di giocare del mister. Da qui l'opzione San Giorgio, convinto dal progetto e dalla solidità di una squadra con singoli di qualità. Se mi pento della scelta Gladiator? Sarebbe facile farlo a freddo. Quando ho accettato, ero convinto di quello che facevo. E in ogni caso, se dovessi basarmi sulla qualità umana dello spogliatoio e dei miei ex compagni, posso solo dire di essere rimasto contento di quest'esperienza, al di là del fatto che sia durata poco".  

A San Giorgio cosa non ha funzionato?

"Le aspettative della società erano alte, si puntava almeno ai play-off. Ma nel calcio si sa che non sempre le cose vanno come programmate in estate. Spendere molto non equivale alla certezza del risultato. Anche il singolo calciatore può incappare in una annata personale negativa e questo è capitato a diversi di noi. Tuttavia le responsabilità sono di tutti, non certo dei soli calciatori. Io, comunque, non ho mai evitato di fare autocritica: so che la mia stagione non è stata esaltante e che avrei potuto fare molto di più. Tuttavia per rendere al massimo, bisogna avere la testa sgombra, altrimenti anche le doti servono a poco. Ma qui torniamo alle colpe di altri: se si fa mancare la serenità ad un gruppo, è difficile che possa rendere bene. I successi partono sempre dal vertice e senza pazienza e capacità gestionale non si va lontano. Se basta una sconfitta per generare tensione e farci passare per brocchi, non va bene".

Come sei stato utilizzato in granata?

"Ho giocato tra le linee e anche come falso nueve. Io sono un esterno d'attacco a destra, ma mi piace venire dentro al campo ed agire da rifinitore. Ho sempre avuto una buona media di assist".

E' stata una estate bollente anche sul fronte delle rivendicazioni dei calciatori dilettanti, spesso abbandonati a se stessi e senza un quadro normativo di vere tutele.   

"I diritti nel mondo dilettantistico scarseggiano, ma è soprattutto in Eccellenza che emerge il problema. I calciatori non hanno alcuna tutela e devono solo fidarsi di promesse verbali. Mi sembra ovvio che anche in questa categoria si debba arrivare a un contratto minimo con tanto di ritenuta d'acconto, come in D. L'emergenza Covid-19 ha messo a nudo tante problematiche: era giusto che i presidenti non venissero presi per la gola, anche molti di loro avranno risentito di certe difficoltà economiche. Ma si sarebbe dovuto arrivare a un accordo ragionevole, perché il Covid ha penalizzato tanto noi quanto loro, non ha puntato le sue "vittime". Invece - almeno in Campania - molti club hanno eluso gli impegni approfittando della situazione. In Eccellenza qualcuno non ha onorato neanche i rimborsi di febbraio o lo ha fatto tagliando una parte di quanto pattuito. Molti poi sono inadempienti da ben prima. Sono cose che si sanno. E vale anche per la D. Io sinceramente preferisco un presidente che parli chiaro e abbia onestà intellettuale anche perché, in genere, da parte dei calciatori c'è sempre una disponibilità di massima a venire incontro ai club. Invece in tanti hanno questa tendenza malsana a nascondersi, a fuggire. Si scherza troppo con le vite degli altri, quando per moltissimi calciatori dilettanti questo è un lavoro. Altrimenti bisognerebbe smetterla con l'ipocrisia di imporre cinque allenamenti alla settimana oltre alle doppie, ai ritiri e a tutta una serie di ulteriori sacrifici. E' strano dover essere dei professionisti quando si tratta di lavorare, e dei dilettanti quando è il momento di essere retribuiti. Vi sembra normale assistere alla farsa di club che vanno in D senza aver pagato molti rimborsi ai loro calciatori? E' un sistema da rivedere totalmente se si vuole ridare credibilità a questo mondo". 

Il tuo futuro?

"Sto in una fase di riflessione: non voglio fare più scelte affrettate, so che non posso sbagliare ulteriormente. Già ho avuto richieste da alcuni club di D ed Eccellenza. Sono chiamate che mi lusingano e mi spingono a fare sempre meglio e a non mollare il sogno di giocare al calcio. Del resto ho ancora 23 anni e la mia aspirazione è quella di tornare sui livelli di un tempo e riguadagnarmi il professionismo". 

Qual è il tuo ricordo di Lello Santagata?

"Già quando ci allenavamo insieme col Team Napoli Soccer di Italo Farinella, ero convinto che avrebbe avuto una grande carriera. Era un terzino fortissimo, oltre che un ragazzo sveglio e molto intelligente. Il mix di queste qualità lo avrebbe certamente proiettato molto in alto. Alla Sangiustese andammo insieme, si può dire che sono stato il primo compagno con cui Lello ha avuto un contatto ravvicinato. Tra me e lui c'era un rapporto bello, per me era come un fratello minore. Lello vivrà per sempre nel mio cuore".  

Cosa non rifaresti del passato?

"Andarmene dalla Sangiustese, anche se all'epoca presi questa decisione per motivi personali. Oggi agirei diversamente. Anzi, se potessi, tornerei di corsa. Ho un bel ricordo soprattutto del tecnico Stefano Senigagliesi, che mi ha dato davvero tanto come in precedenza Mario Somma. Successivamente ho ritrovato Rosario Campana e ho lavorato con Michele Califano: due persone molto importanti per il mio percorso. Un'altra scelta che non rifarei è quella di andare a Malta, sono stati mesi buttati al vento. Forse avevo paura di non trovare squadra e di conseguenza agii di istinto. Ma già non ero molto convinto di quello che stavo facendo. Per questo, come dicevo prima, devo ponderare bene ogni scelta futura". 

Bisceglie è stata certamente la tifoseria con cui hai instaurato il legame migliore.

"E' stato il mio primo campionato vinto. Un anno di formazione a cui avrei dovuto dare continuità e purtroppo non è avvenuto. La tifoseria, certo, è calda e appassionata. E' stata una stagione magica per tutti".   

Sezione: Interviste / Data: Lun 20 luglio 2020 alle 16:00
Autore: Stefano Sica
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