Personaggi a confronto anche dopo il ventiseiesimo turno di campionato nel girone meridionale di serie C, storie che si incrociano e che finiscono per prendere strade opposte, e nemmeno riducibili. L'input ci arriva da uno dei due derby di giornata, quello che visto trionfare la Paganese con una Turris ridotta ai minimi termini come traccia di gioco e resistenza psicologica. Da una parte Francesco Scarpa, dall'altro Franco Fabiano. Il primo, capitano di 216 battaglie e di migliaia di allenamenti, che ha abbattuto il record di Luigi Di Giaimo, il classico centromediano metodista - come si usava dire un tempo - venuto da Castellabate dopo essersi messo in luce con la Salernitana. Il secondo, sconfitto e defenestrato a caldo dal club corallino. L'importanza di Scarpa come stabilizzatore di uno spogliatoio e responsabile di una funzione didattica ed equilibratrice verso i più giovani (risorse a cui la Paganese si abbevera da sempre), è nota e incontestabile. Essere la memoria storica di un club che ha attraversato 15 anni di professionismo, gliene dà pieno diritto, anche per espressa attribuzione del Ds Guglielmo Accardi e, più di recente, del tecnico Lello Di Napoli. Non sappiamo quanto la sua voglia di essere ancora protagonista potrà reggere al tempo che passa. L'idea che possa decidere di smettere da un momento all'altro, non ci trova pronti. Perché è come se a una foresta fosse recisa una delle sue querce più belle. Ed è per questo che ci riserviamo ogni celebrazione per un futuro, si spera, non prossimo. Fabiano invece lascia la Turris dopo due anni e mezzo. E lo fa in modo nervoso, inelegante, irriverente persino verso se stesso e una storia personale tutto sommato meritevole. Vincere nella propria terra non ha prezzo e Fabiano lo fa fatto portando a casa una Coppa Italia di D nel 2013 e regalando ai tifosi il ritorno tra i professionisti dopo 19 anni di presenza fissa tra i dilettanti. E come dimenticare il miracolo Arzanese, a dimostrazione che l'approdo nel palcoscenico della C Fabiano se lo è guadagnato sul campo, non glielo ha regalato nessuno. Comprendiamo l'insofferenza di chi sa di avere un esonero in tasca, non siamo permalosi e la sua ironia nei nostri confronti (con relativi inviti a passare per l'oculista) non ci turba affatto. A ben vedere, a darci implicitamente ragione sono stati gli stessi tifosi della Turris nei commenti social - ancora fortunatamente visibili - alla surreale conferenza stampa del loro (ex) tecnico. Negare la supremazia incontrastata della Paganese almeno fino al centro di Diop, millantando presunti pericoli per Baiocco che non ci sono stati al netto del blitz di Da Dalt (ma in chiusura di primo tempo), è stato il canto del cigno di un tecnico che deve recuperare un filino di tranquillità per potersi riproporre - ci auguriamo - di nuovo tra i Pro.
A compiere un percorso asimmetrico rispetto all'uscita di scena di Fabiano, è invece la prolusione di Piero Braglia dopo la vittoria di Caserta. "Andiamo alla ricerca di ciò che ancora non va, piuttosto che degli aspetti positivi": anche questo un approccio che rimarca differenze e principi concettuali opposti. Fino a domenica sera avremmo giurato su un derby più equilibrato e tirato di quanto poi si sia visto sul campo. Specie nel primo tempo, quando l'Avellino avrebbe potuto dilagare. Il paradosso è che a questa sfida, per esplicita ammissione dello stesso Guidi, ci è arrivata la Casertana con quel carico d'ansia e di responsabilità che non dovrebbe mai danneggiare chi oggi può permettersi di giocare senza pressioni psicologiche e l'impellenza di un obiettivo. E' andata diversamente e l'inclinazione al perfezionismo fa di Braglia un tecnico perennemente vincente oltre che un ottimo comunicatore (che non significa lesinare schiettezza e trasparenza). Il trainer dei lupi, dopo la scialba vittoria con la Cavese, aveva promesso che le cose sarebbero cambiate nel momento in cui il gruppo avesse ritrovato la normalità manomessa dalla mannaia Covid, e così è stato. Sabato, il derby di giornata tra Turris e Casertana promette scintille e sorprese. Quale tra le due riuscirà a tradurre in azioni concrete la propria voglia di riscatto? Lo vedremo. L'Avellino invece si ferma per 10 giorni e forse non ci voleva in questo momento, dovendo poi riprendere la corsa a Catanzaro. Poi chissà, magari questa sosta non sarà così avversa come si teme. Ma è saggio Di Somma ad ammonire i suoi sui rischi di una libertà eccessiva ed incondizionata. Specialmente in una fase come questa, tra varianti insidiose e curve dei contagi in aumento.
Che sia un campionato anomalo lo dimostra il caso Cavese. Mezzo staff e mezza rosa decimati causa Covid, una brutta partita a Monopoli (malgrado la superiorità numerica per oltre un'ora) e una sconfitta evitabile ma che non può non tener conto di questi fattori quando poi ci si cimenta con l'ambizione di un giudizio più articolato sul percorso difficoltoso di una squadra, qualunque essa sia. Quando Casertana e Avellino hanno superato i medesimi ostacoli, hanno potuto sprigionare la loro forza. E non è un caso. C'è passata la Paganese tra ottobre e novembre, e non è stato bello. Fa bene Campilongo a non dare ai suoi alibi che potrebbero generare rilassamento e rifiuto delle responsabilità in un momento talmente delicato da non permetterlo. E lo stesso vale, anche se da una prospettiva diversa, per la Juve Stabia. Le vespe si sono ritrovate per la sfida col Teramo un organico parzialmente falcidiato, solo lambito dal Covid ma penalizzato da infortuni di vario tipo. E' la conseguenza delle classiche tre partite in sette giorni, uno step di cui in questo mese di febbraio si è un po' abusato. Tuttavia con gli abruzzesi ne è uscita una gara spumeggiante, che conferma il buon momento dei gialloblù: Padalino può contare su un gruppo di buona qualità e sufficientemente versatile in molti suoi elementi, da poter proporre le più disparate soluzioni tattiche.
E a proposito di Teramo e di Covid, domenica pomeriggio la Paganese farà visita proprio ai diavoli. Impossibile dimenticare la scia di polemiche scaturite dopo il match d'andata, tra esultanze smodate, in faccia a un avversario che si era quasi dovuto contare per scendere in campo, e qualche piccola esuberanza a fine partita, di cui ha fatto le spese la porta d'ingresso dello spogliatoio ospite. E' giusto che gli azzurrostellati abbiano un minimo di spirito di rivalsa, ma il dubbio resta sempre lo stesso: avremmo assistito a sceneggiate così deprimenti senza il Covid? E che allora non si perda tempo sulla campagna vaccinale: è una urgenza improcrastinabile. Il ritorno alla normalità, oltre che per le riforme anelate da Gravina e Ghirelli, passa anche da questo.
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