Sono passati 94 anni da quel 1° Agosto del 1926, giorno in cui venne fondata una società che ha segnato la storia del calcio italiano, soprattutto durante il decennio d’oro degli ’80. Costituita inizialmente come Associazione Calcio Napoli, fu il frutto dell’intuizione del grande industriale e dirigente Giorgio Ascarelli, visionario presidente che consegnò alla squadra partenopea il blasone e l’importanza necessari per partecipare ai massimi tornei nazionali italiani, costruendo anche un futuristico stadio andato distrutto durante il secondo conflitto bellico.

Il colore sociale è l'azzurro, mentre la mascotte è il Ciuccio,originariamente un cavallo inalberato.[3] Gioca le partite interne allo stadio San Paolo, inaugurato nel 1959.

La società esordì in massima serie nella Divisione Nazionale 1926-1927. Le prime stagioni si chiusero con la retrocessione in Prima Divisione, che all'epoca rappresentava il secondo livello del campionato italiano di calcio, ma la FIGC, in entrambe le occasioni, accordò la riammissione per allargamento del campionato per tutte le retrocesse e per premiare gli sforzi del club partenopeo di recuperare il pesante gap con le società settentrionali. Dopo i difficili inizi, la situazione però migliorò rapidamente, grazie soprattutto all'apporto dell'italo-paraguayano Attila Sallustro, primo idolo dei tifosi partenopei. In questi primi anni, come allenatori, il Napoli si affidò a ex calciatori austriaci, come Anton Kreutzer, Bino Skasa, Jean Steiger e Karl Fischer, all'ungherese Ferenc Molnár e all'italiano Giovanni Terrile.

Il Napoli prese parte al primo torneo di massima serie a girone unico, la Serie A 1929-1930, ottenendo la prima vittoria in tale competizione ai danni del Milan[10]. La società scelse come allenatore il mister William Garbutt, già vincitore di tre scudetti con il Genoa. Nei 6 anni in cui fu sotto la sua guida, il Napoli, grazie al contributo di giocatori come Antonio Vojak e Attila Sallustro, raggiunse notevoli risultati, come il doppio terzo posto consecutivo nelle stagioni 1932-1933 e 1933-1934 e la qualificazione alla massima competizione europea dell'epoca, la Coppa Mitropa.

Nel 1936 entrò in società il comandante Achille Lauro, armatore di grande successo, che non riuscì tuttavia ad apportare particolari benefici al club partenopeo: nella seconda metà degli anni trenta la qualità della squadra andò declinando, fino a culminare nella retrocessione nella categoria inferiore nel 1941-1942.

Terminata la seconda guerra mondiale, il Napoli prese parte alla Divisione Nazionale 1945-1946, vincendo il girone misto Centro-Sud e riconquistando la massima serie. Tornò in Serie B due anni dopo, retrocesso dalla CAF per illecito sportivo. La panchina venne affidata a Eraldo Monzeglio, che riportò la squadra in Serie A e avviò un lungo periodo alla guida del club partenopeo. Nonostante i rinforzi del presidente Achille Lauro, tra i quali Bruno Pesaola, Hasse Jeppson e Luís Vinício, il Napoli non andò oltre il quarto posto del 1952-1953 e del 1957-1958. Nel 1959 venne inaugurato lo stadio San Paolo.

Tornato in Serie B nel 1961, il Napoli venne affidato a Bruno Pesaola, il quale riportò gli azzurri in massima serie e vincendo anche il primo trofeo della storia del club, la Coppa Italia 1961-1962, divenendo con il Vado l'unica società a vincere il trofeo non militando in massima divisione. Questo successo, sancì l'esordio del Napoli in europa, giocando la Coppa delle Coppe, nella quale raggiunse i quarti di finale. Il 25 giugno 1964 il club assunse la denominazione di Società Sportiva Calcio Napoli, diventando contestualmente una società per azioni. Achille Lauro ottenne una quota rilevante delle azioni in virtù dei crediti vantati e garantì al figlio Gioacchino l'ingresso tra i soci, mentre Roberto Fiore venne eletto presidente. Alcuni dei giocatori più rappresentativi dell'epoca furono Dino Zoff, Antonio Juliano, Omar Sívori e José Altafini; il miglior risultato fu il secondo posto del 1968.

Il 18 gennaio 1969 la società, sull'orlo del dissesto finanziario, passò nelle mani di Corrado Ferlaino, che avviò la più longeva e vincente presidenza della storia partenopea. Con l'acquisto di calciatori come Sergio Clerici, Giuseppe Bruscolotti e Tarcisio Burgnich, il Napoli arrivo' in finale di Coppa Anglo-Italiana, venendo sconfitto per mano dello Swindon Town e raggiunse due volte il terzo posto (1971 e 1974) e un secondo posto nel 1975, questi ultimi due piazzamenti ottenuti grazie al calcio totale di Luís Vinício. Nel 1976 il club azzurro vinse la seconda Coppa Italia, superando in finale il Verona. Nella seconda metà degli anni settanta nonostante l'acquisto del bomber Giuseppe Savoldi, il rendimento in campionato peggiorò, culminando con il decimo posto del 1980.

Dopo uno scudetto sfiorato nel 1981, con il libero olandese Ruud Krol tra i protagonisti, la svolta si ebbe nell'estate del 1984: il presidente Ferlaino il 30 giugno 1984 definì l'acquisto più importante della storia del club, il campione argentino Diego Armando Maradona dal Barcellona per la cifra record di 15 miliardi di lire.Sotto la guida di Ottavio Bianchi e con l'innesto di calciatori come Bruno Giordano, Salvatore Bagni, Claudio Garella e Alessandro Renica, nel 1987 il Napoli conquistò il suo primo scudetto e la terza Coppa Italia. Diego Armando Maradona con la Coppa UEFA 1988-1989.

Il club si consolidò ai vertici del calcio italiano con gli innesti dei brasiliani Careca e Alemão; il Napoli arrivò per due volte consecutive secondo (1988 e 1989) e sempre nel 1989 ottenne anche il primo alloro internazionale, la Coppa UEFA, superando nella doppia finale lo Stoccarda. Nel 1990, con Alberto Bigon allenatore, il club partenopeo conquistò il secondo scudetto, cui fece seguito la vittoria della Supercoppa Italiana. Nel 1991 con la partenza di Maradona, si chiuse il primo importante ciclo della storia azzurra.

Negli anni seguenti il Napoli ottenne discreti risultati, un quarto posto nel 1992 con Claudio Ranieri in panchina[44] e un sesto posto nel 1994, allenatore Marcello Lippi. La crisi finanziaria costrinse il club a privarsi dei suoi uomini migliori[45]. Nei due anni successivi, con Vujadin Boškov in panchina, il Napoli ottenne un settimo e un decimo posto e raggiunse la finale di Coppa Italia 1996-1997, sconfitto dal L.R. Vicenza. La crisi raggiunse l'apice nel 1998, con la retrocessione in Serie B dopo 33 anni consecutivi di massima serie[48]. Il club ritornò in Serie A nel 1999-2000[49], per retrocedere dopo appena un anno. L'ingresso in società di Giorgio Corbelli[51] prima e di Salvatore Naldi poi non portò benefici al club, che ristagnò a metà classifica nella seconda serie italiana.

Alla crisi di risultati si aggiunse l'ormai compromessa situazione finanziaria, che portò nell'estate del 2004 al fallimento del club con conseguente perdita del titolo sportivo. Nelle settimane successive l'imprenditore cinematografico Aurelio De Laurentiis rilevò il titolo sportivo dalla curatela fallimentare del tribunale di Napoli e iscrisse la squadra, con la denominazione di Napoli Soccer, al campionato di terza serie. Soltanto sfiorata nel primo anno, la promozione arrivò nel 2006 sotto la guida di Edoardo Reja.

Dopo aver riacquisito la denominazione originaria di Società Sportiva Calcio Napoli, volutamente non utilizzata nei due campionati di terza serie, nel 2007 il club conseguì l'immediata promozione in Serie A ritornandovi dopo 6 anni di assenza. Alla guida della squadra si avvicendarono l'ex CT della nazionale italiana Roberto Donadoni sostituito da Walter Mazzarri, che nel 2011 riportò il club nella massima competizione europea, la UEFA Champions League, ventuno anni dopo l'ultima partecipazione. Nel 2011-2012 il Napoli vinse per la quarta volta Coppa Italia, venticinque anni dopo l'ultima affermazione e in assoluto quasi ventidue anni dopo l'ultimo trofeo, battendo in finale la Juventus per 2-0, mentre nell'annata successiva si piazzò secondo con Edinson Cavani capocannoniere del campionato, secondo calciatore partenopeo a riuscire nell'impresa dopo Maradona.

La successiva gestione dell'allenatore Rafael Benítez[ vide gli azzurri vincere la quinta Coppa Italia, in finale contro la Fiorentina, e proseguire i successi nella stagione successiva, con la vittoria della seconda Supercoppa italiana (ai rigori contro la Juventus). Sulla panchina azzurra giunse dunque Maurizio Sarri,che nel 2015-2016 rese il Napoli campione d'inverno (non succedeva dalla stagione 1989-1990, pur non riuscendo a vincere lo scudetto, andato di nuovo alla Juventus. Dopo un terzo posto nel 2016-2017, l'anno successivo la squadra si laureò nuovamente campione d'inverno,ma la vittoria del titolo andò nuovamente ai bianconeri, anche se il Napoli ottenne 91 punti, quota record per una squadra arrivata seconda.Il successore di Sarri, Carlo Ancelotti,ottenne il secondo posto nel 2018-2019, ma fu esonerato esonerato poco dopo l'inizio dell'annata seguente e sostituito da Gennaro Gattuso

Con un palmarès che comprende due scudetti (1986-1987, 1989-1990), sei Coppe Italia (1961-1962, 1975-1976, 1986-1987, 2011-2012, 2013-2014 e 2019-2020), due Supercoppe italiane (1990 e 2014) e una Coppa UEFA (1988-1989), oltre a due Coppe delle Alpi (1966), e l'altra nel (1960) che fu la prima vinta insieme alla rappresentativa italiana e una Coppa di Lega Italo-Inglese (1976), il Napoli è la squadra del Meridione più titolata a livello nazionale e internazionale, nonché, con 78 partecipazioni, quella più presente nei campionati di massima serie.

Sezione: Storie / Data: Sab 01 agosto 2020 alle 21:01
Autore: Antonio Vistocco
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