Vincere e dirsi addio. E farlo dopo un'annata di emozioni, gratificazioni, gioie e pure qualche momento di ansia condita da pressioni a volte asfissianti. Sotto questo aspetto, Giugliano sa darti tanto ma anche esigere moltissimo. Non potrebbe esserci trionfo più dolce e romantico. Il saluto di Giovanni Ferraro ai tigrotti non è per nulla polemico, anzi. Semmai è intriso di quella fierezza tipica dei vincenti che sanno guardare avanti ponendosi nuove sfide nella vita. "Il mio addio? La società, tramite il Direttore Amodio, mi ha comunicato l'intenzione di non dare seguito al rapporto - sottolinea -. Non c'è stata alcuna frizione di natura economica o di visione tecnica col club, che ha operato questa scelta che io accetto e rispetto. Ovviamente sarei rimasto molto volentieri, ma si è preferito scegliere un'altra strada: va bene così per tutti. Insieme abbiamo fatto qualcosa di straordinario, un lavoro durato in realtà un anno e mezzo dai tempi del Savoia. La scorsa stagione siamo usciti imbattuti dalla finale play-off coronando un cammino favoloso, quest'anno il cerchio si è chiuso con la vittoria del campionato. Lo abbiamo fatto catapultandoci in un ambiente nuovo, partendo il 16 agosto e dovendo amalgamare uno staff tecnico composto da professionisti che non si conoscevano".
Ma gli obiettivi erano davvero quelli di vincere il campionato?
"Diciamo che il pensiero era quello, pur dovendocela vedere almeno sulla carta con 3-4 squadre forti come la nostra. Alla fine, se non si fosse vinto sarebbe passato come un fallimento. Invece ci siamo guadagnati col sudore questo traguardo e farlo qui non era semplice".
Eppure di critiche ne hai avute durante la stagione. Si è parlato di moduli, qualità di gioco e vittorie di misura. Ora forse è il momento di replicare.
"Io dico che ha parlato il campo. Siamo partiti con una striscia di nove vittorie di fila - con sette gare senza prendere gol - interrotta solo dal pari con l'Aprilia. Bastava fermarsi su un pareggio e si parlava subito di crisi. Ma questo fa parte del percorso di crescita di una squadra. E poi andiamoci a vedere le classifiche parziali dei due gironi, andata e ritorno: al giro di boa, chiudiamo con 41 punti, nel ritorno ne totalizziamo 34 arrivando davanti all'Arzachena. In entrambi i casi restiamo primi. Abbiamo esordito vincendo in casa della Torres, una diretta concorrente, davanti a 6000 spettatori. A loro abbiamo tolto sei punti, così come a Team Nuova Florida ed Afragolese, rispettivamente seconda e quinta forza del girone. In queste sei sfide abbiamo segnato 11 reti senza subirne alcuna. Con l'Arzachena di punti ne abbiamo presi quattro. Cosa altro c'è da dire? Parlano i fatti. Si è discusso pure di modulo, ma il sistema migliore è quello che mette ogni giocatore in condizione di esprimersi al massimo da un punto di vista tecnico e fisico. Ho avuto due interni, Gladestony e De Rosa, che hanno fatto 7 e 5 gol, Cerone 17, Poziello 4 da difensore. Per non parlare di chi ha avuto meno spazio ma si è fatto trovare sempre pronto garantendo un ottimo contributo. Baietti si è proposto nel modo che avete visto tutti al suo primo campionato di D, pur venendo da una Primavera 3, quella del Perugia. Il Giugliano ha vinto come squadra, come gruppo in cui ognuno si è aiutato con l'altro. Ha trionfato per unità di intenti, non per la presunta superiorità di qualche singolo. Ho dovuto fare a meno per infortunio anche di elementi per noi importanti come Oyewale e Kyeremateng. Eppure si sa che, quando si vince, siamo tutti protagonisti. Quando si perde, la colpa è solo dell'allenatore. Ma è il calcio che va così e consente spesso giudizi a chi non vede una settimana intera di lavoro. Io poi utilizzo poco i social, chissà se di questi tempi è un demerito...".
Il blitz con l'Afragolese come vera svolta dell'annata: concordi?
"Assolutamente sì. Era il secondo derby consecutivo vinto in trasferta dopo quello col Gladiator. In questo frangente, in tanti ci aspettavano al varco e invece abbiamo dato una grande dimostrazione di forza".
E' il momento dei ringraziamenti.
"Ringrazio i tifosi, encomiabili dall'inizio alla fine. Quindi Alfonso e Renato Mazzamauro che mi hanno permesso di vivere questa esperienza magnifica. Io li ho ripagati coi risultati. Un ringraziamento doveroso va ai calciatori e a tutto il mio staff tecnico nonché a quello organizzativo, comprensivo di massaggiatori, magazzinieri, medici (soprattutto il Dott. Campolongo che conoscevo dai tempi di Arzano) e responsabili della comunicazione. Sapete bene che per me si vince di squadra, ogni ruolo è fondamentale in una società e direi che tutti lo hanno svolto al meglio. Ringrazio anche le Forze dell'Ordine, che ci sono state vicine per tutto l'arco della stagione, e il Sindaco Nicola Pirozzi. E come dimenticare i direttori Righi e Sarno che hanno portato avanti un lavoro importante, o gli sponsor che ci hanno sostenuti in modo massiccio. Io resterò per sempre un tifoso del Giugliano: a prescindere da dove lavorerò, vedere questi colori cimentarsi in un campionato professionistico sarà ogni volta per me motivo di grande emozione ripensando a quanto fatto. E poi chissà che il nostro non sia un semplice arrivederci, nel calcio mai dire mai...".
Il tuo futuro?
"Ad oggi nessuno mi ha chiamato. Smentisco anche le voci sulla Paganese, con cui non c'è stato alcun contatto. Un allenatore deve dire anche no ad un progetto se non rispecchia le proprie esigenze, al di là dell'aspetto economico. Ci vuole sempre lealtà nel rapporto: se si vuole costruire una squadra che vale 6, non la si può spacciare per una che vale 10. Ci vuole onestà verso i tifosi e chi ci guarda. E poi l'errore che fanno molti presidenti è quello di programmare in ritardo per poi correre ai ripari quando è difficile rimediare ai danni fatti. Un tecnico deve essere abile a capire dove c'è lungimiranza e dove improvvisazione. In questo secondo caso, bisogna avere la capacità di aspettare altrimenti ci si condanna ad un destino inevitabile. Questa è stata sempre la mia filosofia anche da calciatore: riflettere e non prendere mai decisioni affrettate. Io, se guardo indietro alla mia carriera, per i risultati ottenuti credo di aver raccolto meno di quanto meritassi".
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