Quando l'Aversa Normanna decise di affidarsi a lui, nel luglio del 2017, Alessandro Caruso ad appena 32 anni aveva già maturato un background qualificato nel mondo del calcio giovanile, e il suo profilo era stato valutato da Giovanni Spezzaferri adatto e pertinente per gestire un progetto verde come quello granata. Il trionfo ottenuto poche settimane prima al Torneo delle Province con la Rappresentativa Allievi napoletana (sconfitto in finale il roster casertano), aveva seguito altri due traguardi prestigiosi tagliati nella sua città natale alla guida di Giovanissimi Regionali e Allievi B del Progetto Giovani Marigliano. Quindi una esperienza formativa col vivaio dell’Aquila, che è stata un po' la cinghia di collegamento con quella svolta professionale che lo avrebbe portato al timone di una prima squadra. Il pari interno col Manfredonia di Giovanni Baratto alla sesta giornata (Marzano rimise in piedi un match aperto dal sipontino, e neo acquisto della Sanremese, Giacomo Romano), segnò la fine della sua avventura a beneficio di Gennaro Marasco. Ma quell'Aversa una traccia di idee e di principi tattici ebbe tempo per documentarla con prestazioni all'avanguardia come quella sfortunata di Taranto (l'1-0 finale jonico non rese giustizia di quanto visto in campo). L'anno scorso, dopo aver già iniziato coi biancocelesti in Promozione, un interregno più lungo sulla panchina della Mariglianese, anche questo finito anzitempo. Poi il ritorno alle "origini", non prima di aver conseguito l'abilitazione ad allenatore professionista Uefa A. Sarà la Berretti (futura Primavera) dell'Avellino a beneficiare dei suo contributo. "Se la società, nelle persone del direttore Capobianco e dello stesso presidente D'Agostino, ha voluto rendermi partecipe del progetto, cercherò di dare il meglio di me stesso affinché si segua la linea tracciata - sbandiera con orgoglio ai nostri microfoni -. Si parte con tanta voglia di fare e con l'aspirazione ad aprire porte che forse negli anni scorsi non sono state mai aperte. Ciò che ho riscontrato è che si vogliono fare le cose come si deve, se poi mi si chiede quanto tempo ci vorrà per raggiungere l'obiettivo, è una risposta che non saprei dare ora. La priorità è quella di scegliere per questa avventura le pedine giuste, motivate e competenti. Magari sbaglieremo, perché solo chi non agisce non sbaglia. Ma solo sbagliando e correggendo gli errori, si potrà migliorare gradualmente e riportare l'Avellino a riprendersi i fasti che merita non solo come prima squadra, ma anche come espressione ed organizzazione di un proprio vivaio. L'Avellino dovrà tornare ad essere una società di riferimento per tutti". 

Come si svilupperà questa struttura tecnico-organizzativa?

"C'è il Responsabile, Giuliano Capobianco, che è la punta della piramide dalla quale partono le varie ramificazioni. Come Primavera (ex Berretti) disputeremo le gare interne al Partenio-Lombardi. L'idea è anche quella di svolgere la maggior parte degli allenamenti lì. Cercheremo di stare quanto più possibile a disposizione della prima squadra. Proveremo ad avere un contatto costante, una interazione continua. Poi, ovviamente, sono dinamiche su cui non abbiamo l'ultima parola. Se lo vorranno, non potremo che essere felici. A chi ha assistito con attenzione alla presentazione dei quadri del settore giovanile, non sarà sfuggita una sfumatura abbastanza indicativa: il primo a prendere la parola è stato il presidente D'Agostino, poi è toccato all'Amministratore, quindi al Responsabile del settore giovanile. Mi pare che sia stata tracciata una linea di continuità tra le componenti. Tuttavia, ribadisco, qui stiamo delineando un percorso nuovo nel perimetro di una società nuova: logico che ci vorranno i tempi giusti per ottenere dei riscontri. Non possiamo pensare di avere una bacchetta magica che ci consenta di portare a casa tutto e subito. Noi abbiamo delle idee da mettere in circolo, e che vogliamo sviluppare. Quindi le basi concettuali per un buon lavoro ce le abbiamo chiare". 

Come ti muoverai nella costruzione del gruppo?

"La rosa sarà composta da 2002 e, possibilmente, 2003, con tre fuori quota. Qualcosa può mandarlo la prima squadra, ma molto dipenderà dalle regole. Non sappiamo se saremo inquadrati nella Primavera 3 o 4. E ancora: verremo inquadrati sotto l'egida della serie A e B, o della Lega Pro? Un esempio: in Primavera, i fuori quota sono senza età, in Berretti coinvolgono i 2001. Sono nodi da sciogliere. Certo, vedo squadre che hanno programmato la partenza per la prossima settimana e le invidio. Io partirei anche fra un'ora, fosse per me. Ma non sappiamo quando inizierà il campionato. E poi c'è la questione protocollo: noi aspettiamo le linee guida dalla Figc per programmare il lavoro in un certo modo. Quando le conosceremo, capiremo anche come organizzarci. L'Avellino dispone comunque di ragazzi già tesserati, a noi spetta una valutazione più larga e approfondita. Di sicuro la Berretti è una categoria molto "fisica", ragion per cui dovremo tener conto anche di determinate caratteristiche nella definizione della rosa".       

Dicevamo: torni alle origini...

"Io sono già contento di essere tornato tra i professionisti. Quando la società mi ha chiamato, ci siamo subito "piaciuti". E questo è stato un aspetto molto positivo. L'approccio è stato bello e coinvolgente, innanzitutto a pelle. Abbiamo un principio comune: i risultati, quando parliamo di giovani, devono essere un mezzo, non un fine. Questo significa semplicemente un fatto: non diremo mai che bisogna giocare solo per migliorarsi e per regalare una vetrina ai nostri ragazzi migliori. Ma, semmai, che il nostro lavoro si indirizzerà verso un duplice obiettivo: risultati e valorizzazione. Non c'è una scelta da operare tra questi due aspetti: se, per esempio, riesco a portare cinque giovani a disposizione di mister Braglia, significa che il nostro campionato lo avremo praticamente vinto. Anche per questo, mi auguro che, come Primavera, potremo fungere da anello di congiunzione affidabile con la prima squadra".

Su quale sistema di gioco hai intenzione di lavorare?

"Non ce n'è uno specifico. Di regola lavoro almeno su due sistemi, a seconda che la linea difensiva venga impostata a tre o a quattro. Ma, sinceramente, sono abituato a lavorare su principi e concetti, al di là del sistema in sé. Se la prospettiva è quella di una promozione in prima squadra dei talenti migliori, con me un ragazzo dovrà imparare a farsi trovare pronto qualora questo grande salto avvenisse. Ciò significa abituarsi ad essere versatili ed apprendere principi tattici diversi tra loro nonché le metodologie lavorative più disparate".    

Sezione: Interviste / Data: Sab 01 agosto 2020 alle 12:15
Autore: Stefano Sica
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