E’ la noche del 10 al “Diego Armando Maradona“. Il Napoli infila la decima vittoria consecutiva in campionato e lo fa con pazienza e sapienza strategica. Come un abile lupo di mare che sa come governare burrasche e mari grossi senza farsi divorare da sgomenti micidiali. Sono anche queste le virtù che contribuiscono ad innalzare il peso specifico e di resilienza di un gruppo che vuole porsi obiettivi apicali. Dell’Empoli si è detto alla vigilia che fosse una squadra in grado di giocare a viso aperto, senza cedere a speculazioni di sorta. Il campo, come spesso succede, ha detto altro, quasi a rimarcare la duttilità genetica dei toscani. E, anche per questa ragione, portare a casa i tre punti è stato più problematico del previsto. Ciò per la combinazione di due elementi: da un lato i meriti di un assetto, quello di Paolo Zanetti, sempre ben equilibrato e con un baricentro costantemente basso capace di sforbiciare alla radice la manovra in ampiezza del Napoli. Dall’altro vale certamente l’analisi post gara di Luciano Spalletti: se in fase di possesso si indugia nel tocco supplementare ed effimero, diventa facile per l’avversario diretto percorrere “cinque metri in più” – citando testualmente – e perfezionare chiusure produttive.

Il Napoli lento e compassato del primo tempo ha avvalorato le strategie di partenza del trainer toscano. Ed è così che si spiega il primo tiro azzurro in porta arrivato solo al 38′, quando è in realtà Stojanovic ad essere poco reattivo su Raspadori, poi Vicario ci mette una pezza salvando un risultato fIno a quel momento legittimo. Lo spettacolo latita, i ritmi sono soporiferi, la partita è “sporca” per un Napoli che non trova mai i varchi giusti. L’Empoli rinuncia a giocare ma si mantiene corto e ben coperto, col giovanissimo Baldanzi (un 2003 prodotto dall’eccellente cantera toscana) che prova a mettere la museruola a Lobotka, il quale resta giocoforza basso lasciando a Ndombele ed Anguissa il compito di sviluppare le trame azzurre. Politano non è particolarmente ispirato pur potendo avvantaggiarsi del solito sostegno di Di Lorenzo. Ma Parisi – il 2000 talentino solofrano sempre oggetto dei desideri dei grandi club – tiene il punto, alza la voce e non soffre mai, grazie anche alla protezione assicurata dai raddoppi puntuali di Bandinelli, che taglia a cuce in maniera mirabile. Sull’altro lato Raspadori non può – per caratteristiche intrinseche – garantire la stessa imprevedibilità di  Kvaratskhelia, la cui assenza stavolta pesa come un macigno per la tipologia di match da affrontare. Va da sé che l’ex Sassuolo viene relegato nell’anonimato non potendo accendere la sua esplosività per vie centrali. Tuttavia il vero segreto della fase difensiva empolese – che rasenta la perfezione – si chiama Ardian Ismajli, il gigante kosovaro a cui Zanetti affibbia la marcatura di Osimhen. L’ex Spezia – probabilmente pronto per una big, come sottolineerà lo stesso Zanetti – le prende tutte e annulla il nigeriano esibendo la propria supremazia sui duelli aerei e sulle palle viscide che scivolano in area di rigore.

Nella ripresa la musica non cambia più di tanto. E’ un fuoco di paglia il bolide di Bandinelli che non inquadra la porta di Meret, mentre è più pesante la chance occorsa ad Osimhen che può metterla dentro di testa perché ha l’abilità di andare ad attaccare lo spazio di Luperto, con Ismajli che resta più defilato. Ma la vera svolta al match la imprime Spalletti a metà tempo con un triplice cambio che tronca i piani tattici di Zanetti. Su tutti, si rivela decisivo l’avvicendamento tra Politano e Lozano. Una rotazione che ridimensiona le pretese di Parisi, che non riesce a reggere il passo del messicano. Il Napoli la sua partita inizia a vincerla lì, con una spinta realmente efficace sulla fascia destra. Ed è proprio un cross di Lozano che mette in condizione Marin di commettere un doppio errore grossolano: il regista rumeno prima fallisce il controllo, poi va a franare col ginocchio sinistro sulla gamba di Osimhen, abile a fiondarsi sulla palla vagante. Insomma, la scelta di inserire un esterno binario per guadagnare un tempo di gioco e frantumare le resistenze ospiti funziona e porta i suoi frutti. Il contatto è netto (altro che rigorino, con buona pace di qualcuno…) e il Chucky rompe l’incantesimo dal dischetto con un destro che è più forte del polso maligno di Vicario. Fino al vantaggio azzurro, Zanetti aveva operato due sostituzioni conservative (Akpro per Haas e Lammers per Satriano, un 2001 interessante ma stavolta in ombra) senza rivedere il proprio equilibrio tattico a protezione del pari. Una lettura che non cambia nemmeno con l’Empoli sotto. Semmai Grassi ed Henderson (fuori Bandinelli, ammonito, e Baldanzi) devono tentare di conferire una maggiore freschezza alla reazione ospite. Ma i piani cadono definitivamente quando Luperto, un ex che fino a quel punto si era disimpegnato senza troppo fronzoli, travolge Lozano beccandosi il secondo giallo e l’addio anticipato alla sfida. Con un uomo in meno tocca a Grassi l’onere di fare il centrale difensivo e persino di pulire sulla linea una schiacciata di Osimhen, con Zanetti che troppo tardivamente – ed è forse questo l’unico errore commesso nella gestione in partita delle sue risorse umane – tenta la mossa della disperazione affidandosi alla velocità e alla progressione di Ekong per un Marin ancora tramortito psicologicamente dalla gaffe che aveva mandato i compagni al tappeto. Ma l’Empoli ormai non ne ha più e il raddoppio azzurro sancisce il momento magico di Lozano che disorienta Parisi servendo a Zielinski un assist da spingere soltanto in rete. Stojanovic fallisce la diagonale ed Ismajli, che aveva tenuto a bada Osimhen anche in questa circostanza, ha le sue validissime ragioni per rimproverare d’istinto il terzino sloveno. Si rivede anche Meret, per il tormento dei suoi detrattori in servizio permanente effettivo: il portiere salva su Bajrami negando all’Empoli un centro per il quale, in verità, si era speso ben poco.

Alla fine dei giochi, al netto delle sacrosante considerazioni di Spalletti, che bacchetta i suoi per il giropalla lento e troppo elaborato nel primo tempo ma ne esalta il sangue freddo nei momenti chiave della contesa, c’è la sentenza inoppugnabile di Zanetti: il Napoli è una squadra straordinaria in grado di proporre un calcio spettacolare e con un potenziale quasi incontendibile che deve solo inorgoglire qualsiasi avversario riesca a limitarla per 70 minuti con le giuste contromosse. Nel concerto di gargarismi infelici proposti da alcuni suoi colleghi negli ultimi tempi, le sue sono parole da tecnico che sa guardare lontano, da uomo di spessore, onesto e senza filtri mediatici. L’umiltà è una dote che può spalancare portoni e chiuderli irrimediabilmente ai più appagati e tracotanti. Qualcuno, si spera, starà prendendo appunti.  

Sezione: Editoriale / Data: Mer 09 novembre 2022 alle 19:30
Autore: Stefano Sica
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