La verità è che, dopo la finale di Coppa Italia vinta contro la Juventus, il Napoli, checché ne dicesse mister Gattuso, già pensava alla gara dell’8 agosto al Camp Nou di Barcellona. Erano troppi dodici punti da recuperare sull’Atalanta, a maggior ragione con la squadra orobica presentatasi tirata a lucido dopo il lockdown. Ovviamente gli azzurri avevano l’obbligo morale di onorare ogni singola partita, non sempre è stato fatto, mentre con la Lazio, negli ultimi 90’, si è vista nuovamente una squadra desiderosa di conquistare l’intera posta in palio. Vittoria meritata del Napoli contro un’avversaria che, al di là della classifica finale, è stata l’unica ad aver insidiato veramente la leadership della Juventus, poi ci è riuscita l’Atalanta, che nello scontro diretto di Torino ha dilapidato proprio al fotofinish la possibilità di inserirsi nella corsa al tricolore, mentre l’Inter già a febbraio era tagliata fuori, non tragga in inganno il secondo posto addirittura ad un solo punto dai campioni d’Italia. Il fatto che il Napoli, nelle tre partite contro la Lazio, ne abbia vinte due (di cui una decisiva, quella di Coppa Italia) e un’altra l’abbia praticamente regalata ai biancocelesti con Ospina che, nel finale, nell’improbabile tentativo di dribblare Immobile si è fatto scippare la palla dai piedi, testimonia come la squadra sia forte. Tale consapevolezza inasprisce le colpe di Ancelotti che, da agosto fino a dicembre, ha provocato disastri su disastri prima che la società corresse ai ripari, facendolo quando la situazione era in parte già compromessa, soprattutto perché non sarebbe stato facile per il successore del pluridecorato di Reggiolo ricostruire delle macerie nel pieno della stagione. Ma sulla qualità dell’organico non c’erano molti dubbi, non si vince per caso una competizione eliminando le prime tre della classe per poi tenere testa al Barcellona, in barba a tutti quelli che, pur di difendere l’indifendibile, provavano ad accusare i giocatori, rei di essere a fine ciclo. Per questo il settimo posto finale è un piazzamento mortificante in rapporto a quelli che sono i valori di una rosa costruita, magari non per puntare al primato, ma almeno per rientrare tra le prime quattro. Gattuso non poteva fare più di quello che ha fatto, conquistare un trofeo e totalizzare 38 punti nel girone di ritorno, solo due squadre hanno fatto meglio: l’Atalanta, che ha avuto un rendimento da scudetto, e il Milan che ha stupito tutti dopo la lunga sosta con nove vittorie e tre pareggi, tant’è che Ibrahimovic, gonfiando chissà quanto ironicamente il suo ego, ha detto: “Ci fossi stato dall’inizio avremmo vinto lo scudetto”.
Il fatto che la squadra rossonera proprio contro il Napoli abbia rischiato di macchiare questa striscia di risultati positivi, è una ulteriore conferma circa la bontà della squadra di Gattuso. In quella gara si vide un Napoli nettamente superiore, con gli uomini di Pioli che evitarono il ko solo in seguito ad un rigore decisamente generoso, ma quella dei numerosi rigori assegnati in questo campionato è una questione sulla quale bisognerebbe andare a fondo. Il campionato, comunque, è alle spalle, passare dal secondo posto al settimo ha rappresentato tre passi indietro, fortunatamente la stagione è stata salvata dalla Coppa Italia, anche se più semplicemente si può dire che la stagione sia stata salvata dalla decisione di cambiare allenatore. Adesso resta la partita di sabato prossimo contro il Barcellona, sulla carta proibitiva, ma il Napoli ha tutta l’intenzione di andarsela a giocare. L’attenzione è rivolta alle condizioni di Insigne, che nel finale della gara contro la Lazio ha sentito un fastidio muscolare chiedendo immediatamente il cambio tra le lacrime. Aspettare per mesi la partita del Camp Nou e non poterla giocare per un malanno manifestatosi a pochi minuti dell’ultima partita di campionato sarebbe una beffa atroce per il capitano del Napoli, che nella gara in questione aveva lasciato indossare la fascia a Callejon in modo che potesse congedarsi nel migliore dei modi dal San Paolo. L’infortunio, a quanto pare, non è grave ma stante l’imminenza dell’appuntamento, la presenza di Insigne in Catalogna resta in forte dubbio, sicuramente farà di tutto per recuperare nella consapevolezza che non sarà facile. Sulla carta dovrebbe essere una partita senza storia ma, per quanto il Barça non attraversi uno dei suoi migliori momenti ritrovandosi anche con defezioni importanti a centrocampo (non ci saranno Busquets, Vidal e Arthur), ha dalla sua l’esperienza e i colpi di fuoriclasse assoluti come Messi e Suarez. Serviranno quintali di aggressività, personalità e mentalità per sperare nella grande impresa.
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