Il Napoli aveva l’occasione perfetta di onorare Maradona. Il Pibe aveva chiuso il suo straordinario e irripetibile ciclo in azzurro vincendo proprio la Supercoppa contro la Juventus. Quello di ieri era l’appuntamento perfetto, una sorta di corsi e ricorsi storici, invece il Napoli ha toppato contro la peggiore Juve degli ultimi dieci anni. Ha deciso una rete fortuita e rocambolesca di Cristiano Ronaldo nella ripresa, in una fase in cui nessuna delle due si stava facendo preferire sull’altra. Nel primo tempo, si è registrato un sostanziale equilibrio, con la Juve che manteneva palla e il Napoli che chiudeva ogni varco ai bianconeri confezionando anche l’occasione più ghiotta con Szczesny prodigioso su un colpo di testa quasi a botta sicura di Lozano. Ha tremato la difesa juventina per un Napoli che aveva sfiorato il vantaggio, è stata l’unica emozione che ha regalato la prima frazione.
Era un Napoli che poteva far male con un atteggiamento più sbarazzino e intraprendente, questo si era capito all’intervallo. Ma, in un modo che più incomprensibile e inspiegabile non si può, nella ripresa la squadra azzurra è stata rinunciataria e passiva, permettendo agli uomini di Pirlo di prendere coraggio e iniziativa. Un atto di autolesionismo da parte di Gattuso che deve assumersi le sue responsabilità per una sconfitta che porta anche la sua firma. Che senso ha avuto, nei minuti finali, schierare tutti i giocatori offensivi con una squadra priva di senno ed equilibrio? E’ indice di mancanza di idee e lucidità, che fine aveva fatto quel Napoli pirotecnico capace di annichilire e sommergere di gol la Fiorentina? La verità è che il Napoli è questo: cambia pelle nel giro di tre giorni. Quello che può sembrare anche un dato positivo, cambiare in così poco tempo può essere segno di squadra camaleontica, chi ha grandi ambizioni non può permetterselo.
Occorre maggiore costanza, una identità ben precisa, questa perenne mutevolezza si avvicina di più, come molti stanno facendo notare, ad una forma di schizofrenia. Eppure, dal momento che si affrontava una Juve tutt’altro che irresistibile, si era avuta anche l’occasione giusta per pareggiare con il rigore procurato da Mertens. Un fallaccio evidente di McKennie sul belga che l’arbitro Valeri, con l’ausilio del Var, non poteva non concedere: troppo solare. Dagli undici metri si è consumato il dramma sportivo per i napoletani. L’esecuzione di Insigne si è spenta di poco fuori a Szczesny spiazzato, proprio nel recupero ancora il portiere polacco si è reso protagonista di un intervento provvidenziale. Forse era destino che la Supercoppa dovesse andare verso Torino, ma il Napoli, con il suo allenatore in primis, è bene che recitino il mea culpa per una finale affrontata denunciando per l’ennesima volta difetti temperamentali.
Se il primo tempo era stato interpretato nella maniera giusta, nella ripresa c’è stata molta più Juve e infatti c’è ben poco da discutere sul risultato. Poteva essere diverso, questo è vero, anche in quel caso ci sarebbe stato poco da discutere perché il Napoli, pur soffrendo il maggiore pressing dei bianconeri, ha creato di più, ma si sapeva che sarebbero stati determinati gli episodi. Cristiano Ronaldo è stato una sentenza quando ha avuto una mezza occasione, Insigne ha sbagliato quella che è la più grossa delle occasioni, sono questi i dettagli che fanno la differenza in una sfida decisiva. A fine gara, il capitano dei partenopei era in lacrime, evidentemente ha avvertito troppo la pressione, non è il caso di gettargli la croce addosso perché solo chi non si presenta mai dal dischetto non sbaglia i rigori. Il problema è sempre lo stesso, la personalità, quella che in determinati frangenti è più importante di un talento cristallino.
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