Una impresa leggendaria. Una squadra di serie B che, non solo vince il proprio campionato ritornando in massima serie, ma si spinge addirittura fino alla vittoria della Coppa Italia. Un record che difficilmente sarà battuto, quel Napoli allenato da Bruno Pesaola si rese protagonista di una cavalcata irripetibile. Un qualcosa che si poteva solo sognare, come se ad inizio stagione uno avesse detto all’altro: “Ma ti immagini se vinciamo la Coppa Italia?” – “Esagerato, pensiamo a vincere il campionato e tornare in serie A”. La priorità era quella di riconquistarsi un posto tra le grandi d’Italia, non di giustiziarle con un anno di anticipo. Così, una vittima dopo l’altra, quella squadra ci prese gusto, quegli ostacoli non erano così insormontabili e, con l’incoscienza di chi non aveva nulla da perdere, si arrivò fino in fondo. Era un percorso lungo quello che bisognava intraprendere prima di arrivare nella Capitale.

Gli azzurri del Petisso nei primi due turni superarono ai rigori l’Alessandria prima e la Sampdoria poi. Agli ottavi, tra lo stupore di tutti, i partenopei andarono a violare il campo del Torino per poi confezionare il blitz in casa della Roma, iniziando già a respirare aria di finale all’Olimpico. In semifinale si giocò contro il Mantova dei miracoli di Mondino Fabbri, sulla carta era scontato il risultato, ma quella truppa azzurra aveva messo la finale nel mirino e non se la sarebbe fatta scappare per nessuna ragione al mondo. Il 21 giugno 1962, all’Olimpico di Roma, andò in scena la finale contro la Spal, che in semifinale aveva defenestrato la Juventus. La squadra estense era una realtà interessante del massimo campionato, quell’anno si guadagnò con grande tenacia e carattere la permanenza in A, e proprio come il Napoli era alla prima finale di quella competizione. Come uno spareggio tra due squadre di categorie diverse, normale che la favorita sia quella che milita nella serie superiore.

Ma quel Napoli voleva stupire fino all’ultimo senza fermarsi a metà. Si poteva essere già soddisfatti di quel cammino, solo che portare a compimento quell’emozionante avventura avrebbe avuto del miracoloso. E gli uomini del Petisso partirono subito con una marcia altissima passando in vantaggio dopo dodici minuti con una magistrale punizione di Corelli, esplosione di gioia per gli oltre diecimila tifosi napoletani giunti nella Capitale. L’esultanza durò poco perché, dopo quattro minuti, Micheli ripristinò la parità. Subito grandi emozioni, un botta e risposta che faceva presagire clamorosi colpi di scena, e mancava una eternità alla fine, quella partita prometteva spettacolo e fuochi pirotecnici. Invece, dopo la partenza a razzo, entrambe calarono d’intensità e abbassarono i ritmi, anche perché la posta in palio era troppo alta per osare senza criterio rischiando di prestare il fianco all’avversaria.

Era il 35’ quando l’arbitro assegnò un rigore al Napoli, un episodio importante in una finale secca. Si presentò Corelli dal dischetto ma Patregnani ne neutralizzò l’esecuzione lasciando il risultato invariato. Tanto tatticismo anche nella ripresa, ma quando mancavano poco più di dieci minuti al 90’, il diagonale di Ronzon riportò il Napoli avanti con la Spal che non riuscì a reagire. Festa grande per i napoletani al triplice fischio dell’arbitro, c’era la consapevolezza di essere entrati nella storia, quella squadra poteva alzare la Coppa Italia sotto il cielo di Roma pur militando nella serie cadetta. Quando si potrà assistere ad un altro evento di tale portata? La Coppa Italia, adesso, può arricchire ulteriormente una grande stagione o salvarne una al di sotto delle aspettative. Sono state tante le finali importanti per una serie di motivi, ma quella vinta dal Napoli nel lontano ’62 avrà per sempre un sapore particolare perché nessuno avrebbe mai potuto immaginare che una compagine di serie B potesse arrivare ad aggiudicarsi quella competizione.

E pensare che la stagione di quel Napoli partì anche a rilento, la squadra stentava a decollare, non riusciva ad esprimere il proprio valore nelle prime giornate, tant’è che la società decise di sollevare dall’incarico mister Fioravante Baldi per affidare la guida tecnica a Bruno Pesaola. Il Petisso ebbe il merito di scuotere quel Napoli ridandogli fiducia e consapevolezza fino a centrare la promozione in A e una storica e leggendaria Coppa Italia. Tanta gioia anche per il patron Achille Lauro, una soddisfazione immensa per un club che fino a quel momento aveva recitato sempre un ruolo da comprimario, finalmente poteva sentirsi protagonista. Una folla oceanica attese il Napoli al rientro in città, mister Pesaola svenne dall’emozione, la tifoseria era in delirio per quel successo inatteso e proprio per questo ancora più inebriante.

Sezione: Storie / Data: Ven 05 giugno 2020 alle 11:38
Autore: Maurizio Longhi
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