Ci sono trasferte che un tifoso va a seguire accompagnato da una notevole carica emotiva nella consapevolezza di assistere ad un evento storico. Come successe ai tifosi della Cavese il 7 novembre 1982 quando, in più di 3mila, viaggiarono verso Milano, destinazione San Siro. Nel calcio tutto è possibile, ma chissà in quanti avranno pensato che sul rettangolo di gioco la pratica potesse essere archiviata già nel primo tempo se non addirittura nei primi minuti. Il Milan, seppur da nobile decaduta, era comunque una corazzata che presentava calibri pesantissimi come Baresi, Tassotti, Evani, Serena, uno squadrone allestito per stracciare il campionato. L’obiettivo dei rossoneri era quello di ritornare subito in serie A dopo l’infausto campionato precedente, culminato con una mesta retrocessione all’ultima giornata, a nulla era servita la vittoria di rimonta sul Cesena, ah se solo il Genoa fosse uscito sconfitto dal San Paolo di Napoli! Ma ormai era acqua passata, bisognava restare il meno tempo possibile in quel purgatorio chiamato serie B per ritornare tra i grandi, dove il Milan meritava di stare.
La Cavese era ospite alla Scala del calcio, accompagnata da una marea umana giunta da Cava de’ Tirreni, era importantissimo esserci, anche solo per poter dire “io c’ero”. Poi in campo, se non ci fosse stata partita sarebbe rientrato nella normalità, non ci si poteva paragonare a quel colosso imperioso e imponente guidato da Castagner. Era un pomeriggio dal cielo grigio, piovigginava su Milano, l’inverno era incipiente. Dopo poco più di venti minuti, il Milan era già avanti con Jordan, sicuramente qualcuno avrà temuto la classica goleada dello squadrone che asfaltava la meteora. Ma, dopo tre minuti, incredibilmente i metelliani trovarono il pari con Tivelli, delirio tra i tifosi cavesi, se avessero potuto avrebbero chiesto all’arbitro di fischiare già la fine. Roba da non crederci, segnare un gol a Milano, ma era veramente tutto reale o un sogno dal quale ci si sarebbe improvvisamente risvegliati? Terminare il primo tempo sull’1-1 andava oltre le più rosee previsioni, nella ripresa sarebbe potuta succedere qualsiasi cosa, ma il fatto di aver tenuto testa per 45’ di gioco a quella squadra era già una grandissima soddisfazione.
Ma, dopo dieci minuti dall’inizio del secondo tempo, il vantaggio di Di Michele fece letteralmente piangere di gioia i tifosi aquilotti. Ma cosa stava succedendo? Quando ci si risvegliava da quel sogno? Non era giusto che tutto potesse finire da un momento all’altro dopo quello che si stava provando. Era tutto vero, tutto magnificamente vero, la Cavese era in vantaggio in un tempio del calcio italiano, dove erano stati festeggiati scudetti, dove si erano esibiti i migliori calciatori del mondo. Il Milan, ferito nell’orgoglio, si riversò nella metà campo blufoncé ma senza finalizzare la mole di gioco prodotta, fu impenetrabile il fortino degli uomini di mister Santin, al triplice fischio fu tutto così incredibilmente magico. Milan-Cavese 1-2. Estasi pura, un fiume di lacrime di gioia tracimava da quel settore ospite inondando il terreno di gioco, era stata scritta una pagina di storia irripetibile, che ogni tifoso metelliano avrebbe raccontato chissà a quante generazioni “vi racconto quel pomeriggio di novembre a San Siro…”. Il giorno dopo, su La Stampa, un articolo a firma di Gian Paolo Ormezzano così iniziava: “Probabilmente mai nella storia del calcio italiano una squadra dal nome così piccolo ha battuto fuori casa una squadra dal nome così grosso. Cavese-Milan 2-1 a Milano deve assolutamente passare alla storia”.
Subito ci si rese conto che quella partita avrebbe arricchito la storia di un club campano della provincia di Salerno, roba da non crederci, chissà quando i tifosi si convinsero che non fosse un sogno ma una splendida e memorabile realtà. La Cavese sbancava Milano, la Cavese era corsara a San Siro, blitz della Cavese nel sacro tempio dei grandi, impresa storica della Cavese. Non esistevano parole giuste per racchiudere una emozione indefinibile, alcuni moti dell’anima non si potranno mai tradurre in un linguaggio, la grammatica del cuore non si insegna, la si vive. Quel Milan, alla fine, dominò il campionato festeggiando il ritorno in serie A, una leadership così forte certificata dagli otto punti di vantaggio sulla Lazio seconda in classifica. La Cavese chiuse il campionato con un onorevole e dignitoso sesto posto, facendo parlare di sé come una sorprendente e felice rivelazione. Quel 7 novembre 1982 è scolpito nella storia del club metelliano, quando fu indossato l’abito elegante per andare a suonare una soave sinfonia alla Scala…
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