Una passione per i giovani quasi trentennale, iniziata nel 1992 come istruttore di calcio presso l'Arci Scampia, prima con i Pulcini e poi con gli Esordienti (classe 1983-1984), arrivando a cogliere i play-off regionali e vincendo il prestigioso Torneo dei Quartieri, oltre ad una finalissima raggiunta nel Torneo di Natale. La voglia di migliorarsi, di apprendere metodologie sempre nuove per potersi far largo in un mondo, come quello dei ragazzi, lasciato a volte all'improvvisazione e alla superficialità. Per Marco Miserini, oggi allenatore di base Uefa B, fu il battesimo di una lunga avventura che lo avrebbe portato ad abbracciare tantissimi progetti giovanili, forte di conoscenze e competenze sempre più in espansione: Boys Cavallino, SC Savoia 1908, FC Vomero, Marano Calcio, Sanità, Sporting Neapolis (in questo caso è stato anche responsabile tecnico oltre che allenatore), Pianeta Calcio, Arzanese, Puteolana 1909, Posillipo Calcio, Pro Calcio Napoli, ASD Pasquale Foggia e Monteruscello Calcio. Nel mezzo, un'investitura come trainer della Juniores nel Pianura dei fratelli Cafasso, che nella crescita del loro vivaio credevano molto. Diversi play-off agguantati e qualche trofeo portato a casa (tra questi, la Coppa Campania regionale con la Pasquale Foggia e il torneo internazionale Flegrei Cup con l'Arzanese) prima di scommettere su se stesso accettando la guida tecnica di prime squadre. Le opzioni sono diverse, nulla è precluso per principio. “Da metà giugno in poi, ho avuto degli appuntamenti con alcuni club di Promozione e qualche società giovanile, anche di un certo prestigio, per valutare la possibilità di un rapporto professionale - ammette il tecnico partenopeo ai nostri microfoni -. Ho ritenuto opportuno prendere tempo e non affrettare le scelte: in passato alcune situazioni nelle quali mi ero gettato con un entusiasmo sconfinato, non sono andate come immaginavo e speravo. Ma non tanto per l’aspetto economico, quanto per quello tecnico e progettuale. Soprattutto i settori giovanili, per raggiungere determinati obiettivi di crescita dei ragazzi, devono essere organizzati con serietà e scrupolo. Anche come tecnico della prima squadra, mi è capitato di non riuscire neanche ad iniziare un lavoro, penso lo scorso anno al Campania Felix o prima ancora alla Real Albanova. Quando si stila un progetto giovane, ed io ero stato chiamato principalmente per quello, ci vogliono tempo e serenità. I risultati sono importanti ma bisogna avere la pazienza di aspettarli. Dopo 2-3 partite non si può tirare alcuna somma. Ecco, oggi non voglio sbagliare più. E preferisco valutare le offerte in maniera più scrupolosa, anche a costo di qualche rinuncia dolorosa. Non a caso è la prima volta, dopo 26 anni, che di questi tempi non programmo una attività sportiva per la prossima stagione. Ma sono tranquillo ugualmente”.

Ma il suo stato d’animo qual è?

“Sono un uomo di campo che tuttavia non ha mai fatto questo lavoro come attività principale. Il calcio per me è hobby e passione, ma questo non significa che restare ai margini, seppur temporaneamente, non provochi ugualmente amarezza. Già il Covid ci ha tenuti forzatamente fuori dai campi, ed è logico che la nostalgia di uno spogliatoio e del contatto umano con dei ragazzi, si faccia a maggior ragione sentire oggi. Ripeto, teniamo duro e non molliamo. Intanto, continuo ad aggiornarmi e a studiare. Sotto questo aspetto sono attivo e in molti mi chiedono anche consigli relativamente ai giovani che ho avuto modo di visionare. Tutto questo ovviamente mi gratifica. Poi, certo, ci sono anche le esperienze positive che mi accompagneranno per sempre. Penso alla stagione 2016-17, quando ero al Savoia in Eccellenza. Ero responsabile del settore giovanile e trainer della Juniores. Dopo l’esonero del Pampa Sosa, fui promosso alla guida della prima squadra. Merito intanto del presidente Arnaldo Todisco, una persona limpida e leale come poche, e di un altro amico vero come il direttore Pino Aiello. Fu un attestato di fiducia commovente. La situazione era difficilissima: la squadra andava male e dopo poche settimane fummo costretti a lasciare Torre. Molti giocatori non ci seguirono e si rischiava addirittura la retrocessione. Feci leva su un gruppo magnifico dove c’erano i vari Viglietti, Rinaldi, Gargiulo, Toscano, Velotti e altri. Veri uomini. Riuscimmo a fare un cammino strepitoso fino ad arrivare a sfiorare i play-off. Peccato che l’anno successivo bucai la scelta, andando alla Real Albanova e fidandomi di un progetto che in realtà non era mai esistito. E pensare che avevo tante altre offerte in Eccellenza”.

Che idea si è fatta della riduzione degli under obbligatori nei campionati regionali?  

“Nonostante la mia appartenenza filiale al mondo dei giovani, ho visto con favore la riduzione da 3 a 2 degli under in Eccellenza. E’ un primo passo per tornare all’antico ed eliminare qualsiasi forma di obbligatorietà. Se un ragazzo è forte, sarà sempre utilizzato, a qualsiasi età. Peraltro, a mio avviso, i 2001 e i 2002 sono già “adulti” per un campionato come l’Eccellenza. Ogni società deve essere lasciata libera di perseguire in autonomia un proprio progetto, stabilendo se e come valorizzare i giovani a sua disposizione. In questo senso, molte società di Eccellenza e Promozione hanno una idea totalmente sbagliata dell’organizzazione e dello sviluppo di un settore giovanile. Sono ben poche quelle che investono realmente nel vivaio e che ne intuiscono le risorse di cui si può beneficiare in prospettiva. E lì che bisogna pescare per portare avanti un discorso credibile e prospettivo sui giovani. Li si forma, li si prepara e poi li si getta nella mischia. E senza guardare all’età o al ruolo, se meritano. E’ stravagante che, il più delle volte, i club delimitino l’utilizzo dei giovani a certi ruoli stabiliti come quello di esterno basso o portiere. Spesso addirittura questi ragazzi vengono adattati in ruoli che non sono i loro, finendo per essere sviliti fino a cadere nel dimenticatoio. Un under, invece, va formato e migliorato negli anni. E, perché no, utilizzato un domani come over a completamento di una valorizzazione seria. Il resto è solo improvvisazione. Coi giovani bisogna fare un lavoro meticoloso, anche dal punto di vista psicologico. E’ necessario seguirli, guidarli, indirizzarli sulla strada giusta, motivarli costantemente. Mi auguro, quindi, che ci sia una inversione di tendenza e che, invece di sbandierare presunti progetti giovani, si producano idee concrete e fatti tangibili. Più che di Juniores, io preferisco parlare di “seconde squadre”. Ma spesso dopo un anno si azzera tutto, con buona pace di qualsiasi tipo di programmazione”.

Quali sono, a suo parere, gli under migliori che hanno possibilità di affermarsi nel grande calcio? 

“Vorrei partire intanto da una premessa: l’idea di certi raduni selettivi non mi stuzzica più di tanto. Credo che sia difficile riuscire a valutare un giovane in poche settimane dopo una inattività così lunga, specie con questo caldo. Lo dico col massimo rispetto per chi li organizza. Uno degli under più forti emersi negli ultimi tempi è, a mio avviso, Ivan Oliva, difensore centrale classe 2001 che ho avuto la recente stagione a Fratta. Sono molto contento che sia andato ad Afragola compiendo il salto di categoria. Per me era già pronto un anno fa per la D e credo abbia le giuste potenzialità per approdare tra i professionisti. Sono certo che l’amico Giovanni Masecchia potrà farlo crescere ulteriormente. Un altro 2001 molto bravo è l’attaccante esterno scuola Napoli Mario Chianese, che ha giocato l’ultimo anno con la Virtus Volla. Ma vi garantisco che in Campania di giovani validi, sui quali scommettere a mani basse, ce ne sono tantissimi. Bisogna solo dar loro tempo e fiducia, senza bocciarli al primo errore”.

L'emergenza Covid ha fatto emergere un sottobosco di abusi e di mancate tutele per i calciatori dilettanti... 

“Noi allenatori un minimo di tutele le abbiamo, anche nei campionati regionali. E’ arrivata l’ora di contrattualizzare anche i calciatori di Eccellenza e Promozione. Non si può più rimandare. Ogni anno, puntualmente, vediamo centinaia di ragazzi perdere rimborsi per 2-3 mensilità, se non di più. Eppure anche loro fanno dei sacrifici immani, guai a chiamarli dilettanti anche se fa comodo definirli così. Qualcosa va regolamentato se è vero, come è vero, che nei tornei regionali i calciatori sostengono anche cinque allenamenti settimanali, al netto della partita, e spesso raggiungono accordi per ingaggi importanti liberamente accettati dalle società. Gli impegni si rispettano e qualche club non lo fa”.

Che bilancio fa dell'ultima annata? 

”Faccio un passo indietro. Prima di andare a Fratta, ho sposato il progetto Campania Felix fidandomi di persone che ritenevo amiche e affidabili, nonché seri professionisti. L’esito del nostro rapporto ha fatto decadere queste mie impressioni. Purtroppo nel calcio si dicono delle cose, e si finisce per farne delle altre. Fatto sta che mi sono trovato a dover ristrutturare tutto l’aspetto organizzativo nell’ambito di un club nuovo di zecca. Il principio cardine era quello di gettare le basi per un lavoro triennale finalizzato a far crescere la società. Ho dato l’anima per tre mesi, ci ho messo tutto me stesso. E’ andata come è andata, ma anche queste sono esperienze utili per imparare. Forse ho sbagliato anche io a non dare peso ad alcune sensazioni negative che mi avevano indotto un po’ in riflessione subito dopo la prima gara di Coppa Italia. Poi ha prevalso il senso di responsabilità, unito al rispetto che nutrivo nei confronti del mio gruppo. Con Teore Grimaldi sarà un piacere collaborare anche in futuro: lui, come me, è un uomo di campo e sa valutare i giovani nelle loro più profonde potenzialità. E poi è un amico, circostanza che rende piacevole la condivisione di questo lavoro”.

Lei è stato sanzionato qualche settimana fa con due mesi di inibizione: ha qualche precisazione da fornire? 

“Da anni mi batto insieme ad altri colleghi per far cambiare determinate regole e creare una finestra di “riparazione” per quei tecnici esonerati o che abbiano rescisso il loro contratto, in modo da farli tornare in campo qualora ne avessero la possibilità. E’ paradossale che un allenatore debba ricevere una proposta dall’estero per lavorare. In ogni caso non discuto l’applicazione della sanzione visto che effettivamente collaboravo con la Frattese. E’ stato giusto così, tanto che ho scelto di patteggiare ricevendo una inibizione che scadrà il prossimo 4 settembre. Con uguale schiettezza, mi si consenta tuttavia di esprimere un pensiero: anche nel corso dell’ultima stagione, tanti allenatori nella mia condizione hanno addirittura preso panchina, accomodandosi in tribuna e mettendo una testa di legno al loro posto. Non ho visto squalifiche. Insomma, due pesi e due misure. In questo senso, mi appello alla vigilanza dell’AIAC affinché non permetta certe disparità di trattamento”.

Sezione: Interviste / Data: Lun 03 agosto 2020 alle 14:00
Autore: Stefano Sica
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