Per la Cavese e per Cava de’ Tirreni il primo quinquennio degli anni ’80 fu memorabile. Il “Simonetta Lamberti” ospitò spettacoli entusiasmanti di calcio. Indimenticabili furono gli incontri che portarono per la prima volta i blufoncè in serie B e poi i big match della bella stagione 1982-83 contro il Milan, la Lazio e il Catania, le squadre che negarono la serie A alla Cavese arrivata a soli 3 punti dai play-off, miglior risultato calcistico della sua tribolata storia centenaria. Quell’anno gli aquilotti volarono alto nel cielo della valle metelliana e beccarono in picchiata le tre protagoniste del campionato, imponendo un pareggio in grande rimonta e una clamorosa sconfitta al super Milan di Castagner , due pareggi larghi alla Lazio e una sconfitta agli etnei, ai quali lasciarono i due punti al “Cibali”. Pensate: i blufoncè chiusero la classifica degli scontri diretti con le promosse in A con 7 punti, uno più di Milan e Lazio e due più del Catania.
La Cavese tagliò il traguardo della serie B il 7 giugno 1981 vincendo il girone B della serie C 1, dopo una furibonda lotta con la Sambedettese e con il Campobasso. Piero Santin aveva ereditato la squadra da Corrado Viciani , il guru del “gioco corto” molto spettacolare ma che aveva inchiodato i biancoblu al decimo posto in classifica. Santin svegliò Claudio De Tommasi , dandogli più profondità e il bomber segnò 17 gol e conquistò il titolo di capocannoniere. Ma il furbo allievo di Nonis fece di più: blindò l’area piccola del portiere Vannoli con i rocciosi spazzatutto Pidone e Polenta . Il presidente Giuseppe Violante soffrì fino agli ultimi fatidici 90’ contro il Cosenza, che aveva un piede nel baratro e non era facile da battere. Si giocò sul neutro di Frosinone, ma la differenza non si notò perché diecimila cavesi occuparono lo stadio della piccola capitale della Ciociaria e fu come se la partita si giocasse nella città metelliana. Il Cosenza fu sconfitto 3-1 e la sua retrocessione fece felice anche la Salernitana, salvata in extremis. Dei tre campionati disputati dagli aquilotti nella serie cadetta il migliore fu il secondo (1982-83) che sembrava proibitivo per la presenza del Milan, travolto e declassato dal Totonero, e delle retrocesse Bologna, Lazio e Como. Un quartetto di brutti clienti che obbligarono tutte le provinciali del campionato a rafforzare i propri potenziali di fuoco.
La Cavese del nuovo presidente Giuseppe Violante confermò Santin, il quale pescò i bomber giusti, Tivelli e Di Michele (19 gol in due) e Viviano Guida , ventottenne difensore con nelle gambe 26 partite con l’inter, 31 con il Varese e 128 con il Brescia. Tre affaroni, ma stupì anche il baffuto Franco Paleari , il quale parò cinque rigori su nove, rendendosi protagonista di quel sesto posto che fu il miraggio di una serie A irraggiungibile. Ma, decisamente, il gioiellino di quella strepitosa squadra fu il ventenne Gigi Caffarelli , giunto in prestito dal Napoli. Scese in campo 23 volte e le sue cinque reti fruttarono le vittorie sull’Atalanta e sul Bari e i pareggi con il Palermo, il Milan e a Campobasso. Al rientro a Napoli, indossò 101 volte la maglia azzurra e l’anno del primo scudetto (1986-87) collezionò, al fianco di Maradona , 21 presenze e 3 reti in campionato, 12 gettoni e 1 gol in Coppa Italia e perfino un cammeo in Coppa Uefa.
In quel campionato magico Santin utilizzò saltuariamente anche quattro giovani elementi salernitani: i due centrocampisti Antonio Infante e Sergio Mari , oggi brillante scrittore, attore e gallerista, e due imberbi difensori di Vietri sul Mare, Matteo Rispoli e Giovanni Gregorio , che con il Palermo disputò la finale di Coppa Italia 1978-79 contro la Juventus, perdendo ai supplementari.. Clamorosa fu la vittoria della Cavese a San Siro sul Milan. Santin beffò Castagner che gli mandò contro ben dieci nazionali, compreso il gigantesco Baresi , appena quattro mesi prima laureatosi campione del mondo. Quel successo è la gemma incastonata nella storia della Cavese. Si giocò il 7 novembre 1982 e lo scozzese Jordan al 22’ sembrò lanciare i rossoneri verso l’ennesimo scontato successo. Invece Tivelli e Di Michele ne fecero due più del diavolo e a Cava fu festa per sempre.
Ogni tifoso metelliano che si rispetti tiene fisso nella mente “quel” tabellino. Ma chi abbia bisogno di un ripasso si accomodi. Milan: Protti, Icardi, Evani; Pasinato, Tassotti, Baresi; Cuoghi (61’ Incocciati), Battistini, Jordan, Verza, (38’ Romano), A. Serena. Cavese: Paleari, Gregorio, Pidone; Bitetto, Guida, Guerini; Cupini, Piangerelli, Di Michele (88’ Bilardi), Pavone, Tivelli (84’ Puzone). Arbitro: Falzier di Treviso. Reti: 22’ Jordan, 26’ Tivelli, 55’ Di Michele. Il 2 aprile 1983, vigilia di Pasqua, partita di ritorno. Lo stadio viene intitolato a Simonetta Lamberti che prevale su Gino Palumbo , uno dei più grandi giornalisti sportivi italiani, nativo di Cava de’ Tirreni. Si sono imposte le ragioni socio-politiche.
Pur assordati dal tifo infernale di 15mila spettatori paganti (170 milioni di incasso), i rossoneri cercano subito la rivincita e segnano con una lunga fuga di Verza sulla destra, una finta e un pallonetto beffardo in corsa da media distanza. Replica di testa Battistini e la partita sembra chiusa e la vendetta consumata. Ma la Cavese con Tivelli su rigore e con un secco diagonale di Caffarelli resuscita. Nel campionato successivo finisce ogni magia e si ricomincia con il vecchio tran tran delle serie inferiori e delle improvvise risalite. Per fortuna il “Simonetta Lamberti” diventa il grande palcoscenico delle superstar della musica pop e rock e Cava de’ Tirreni entra in una dimensione socio-culturale di altra natura. Il calcio resta una ferita aperta.
Autore: Arturo Scarpaleggia
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