Formica, Farfalla, Zingaro. Più semplicemente Dirceu , il brasiliano senza bandiere. Nel 1982 scoprì l’Italia nuova mecca del calcio e, sette anni dopo, si lasciò conquistare dai palpiti del cuore amico di Eboli, nella fertile Piana del Sele, lui che era nato nel 1952 a Curitibo, città solcata da sei fiumi. Arrivando nel Belpaese era al tramonto di una straordinaria carriera, ma non gli pesavano ancora gli anni in cui un calciatore, anche se famoso, si trova davanti a un mondo nuovo, che non è più quello del pallone e delle folle plaudenti, bensì la congerie dura e ostica dell’umano quotidiano al di fuori della bolla magica del calcio. E ripartì, senza annaspare, firmando ricchi contratti con il Verona, il Napoli, l’Ascoli, il Como e l’Avellino, squadre che guardavano le grandi dal basso.

Ma presto l’arrivo di Maradona ruppe l’egemonia e ridisegnò la Serie A italiana riportando il Napoli in alto. Straordinario Dirceu. Partendo dalle sponde dell’Iguazù, il grande fiume che ci regala la meraviglia delle 275 cascate della Garganta del Diablo, fece il giramondo cambiando una ventina di società e viaggiando per anni con la leggendaria Selecao con la quale giocò l’Olimpiade di Monaco di Baviera e i tre campionati del mondo in Germania Ovest, in Argentina e in Spagna. Con la maglia verdeoro entrò in campo 44 volte e segnò 7 reti, rivaleggiando in bravura con i grandi Rivelino , Toninho Cerezo , Zico , Socrates e Falcao . Dirceu aveva sangue caliente e quando giunse in Italia, dopo aver giocato nelle brume del Nord, cercò il caldo di Napoli, di Avellino, di Eboli e di Benevento, dove trovò il sole e gente cordiale ed espansiva come lui. Il suo fu un calcio giocato e viaggiato. Le scoperte, le nuove sfide, le nuove città, i nuovi profumi e le nuove sensazioni non gli bastavano mai. La fila dei trasferimenti è lunga come un vecchio treno merci: Curitiba, Botafogo, Fluminense, Vasco de Gama, Atletico Madrid, Verona, Napoli, Ascoli, Como, Avellino, ancora Vasco de Gama, Miami Sharks, Bangu, Ebolitana, Benevento, Ankaragucu in Turchia e, infine, il Venados de Yucatan in seconda divisione messicana, affrontata a 43 anni.

E bisogna aggiungere Bologna e Ancona del calcio a cinque. In mezzo a questo tourbillon ci sono la moglie Vania e tre figli piccoli. Dunque, lo Zingaro deliziò non solo i palati fini del Maracanà, del Calderon e del San Paolo di Napoli, ma rallegrò anche i frequentatori del Bentegodi, del Del Duca, del Partenio e del Massaioli, abituati a un calcio più modesto o addirittura proletario. A insegnargli tutto quello che sapeva fare fu il fenomenale Jairzinho , che poi, a 70 anni, si dedicò ad allenare i ragazzini poveri delle favelas. E, dunque, Josè Guimaraes Dirceu, entrò nell’Hall of Fame del calcio. Era un mancino di fascia forte e resistente, un tornante generoso, portato a coprire ogni zona del centrocampo e a contrastare ogni avversario. Possedeva un tiro alla dinamite ed era uno specialista dei calci piazzati. I suoi gol erano segnati quasi tutti da lunga distanza. Tiri potenti e tesi che lasciarono impietriti i più grandi portieri del mondo. Nel 1983-84 nel Napoli di Ferlaino era l’unico fuoriclasse se si eccettua Rudy Kroll e, quando il presidente gli chiese di lasciare la mitica maglia numero 10 a Maradona, lo fece chiedendo mezzo miliardo di lire di indennizzo e andandosene ad Ascoli. In Italia disputò complessivamente 184 partite andando a segno 38 volte.

A Eboli le maggiori presenze (39) e più gol (14). Prima di rispondere, nel 1989, alla chiamata dell’Ebolitana del suo grande amico Luigi Cavaliere , ebbe altre tre fugaci esperienze all’estero, Cavaliere credette che bastasse un fuoriclasse di 37 anni per portare la sua squadra per la prima volta in serie C. Dirceu si calò tra i dilettanti dell’Interregionale e la cosa fece scalpore anche perché fu trattato come un principe: incassò 100 milioni di vecchie lire, abitò in una splendida villa del presidente ed ebbe il permesso di godersi in Brasile il Carnevale, il samba e gli spettacoli delle Oba Oba. Il campione di Curitibo e la calda tifoseria eburina andarono d’amore e d’accordo anche se non arrivò l’agognata serie C 2.

Dirceu donò ai compagni una fiammante divisa verdeoro e volle accollarsi le spese per la rifinitura degli spogliatoio; e i tifosi per mettere il loro beniamino in condizione di esibire i suoi famosissimi numeri stesero sull’arido e irregolare terreno di gioco del Massaioli un tappeto di morbida erbetta, lavorando alacremente notte e giorno. Due furono le stagioni di Dirceu in biancoazzurro (1989-90 e 1990-1991) al termine delle quali la squadra si piazzò a metà classifica. Probabilmente se l’asso fosse stato più presente, avrebbe occupato una delle primissime posizioni, ma senza di lui forse avrebbe rischiato la retrocessione. A Eboli lo Zingaro intraprese un’attività di noleggio auto di lusso per cerimonie, e ad Ancona, quando giocava con la Giampaoli il calcio a cinque, aprì il pub “La voce della luna”. È giusto ricordare anche i compagni che nell’Ebolitana giocarono al suo fianco: Faenza , Scermino , D'Angelo , Pasquale Sazio , che morì in macchina con lui, Marino , Casa , Turturiello , D’Arco , Cirasuolo , Volpicelli , Quaglia , Vezziola , Chiagano , Cirillo , Santoro , D’Angelo, Di Stefano , Rosati , Palma , Rivaldo , Barbato , Carlino e Guerriero

Sezione: Fuori Campo / Data: Lun 19 ottobre 2020 alle 15:41 / Fonte: La Città Di Salerno.
Autore: Arturo Scarpaleggia
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