“Io tifo Napoli da sempre, ne sono innamorato. Ma quella sensazione che mi prende quando indosso la maglia della Frattese, è indescrivibile. Non si può spiegare”. Per esprimere appieno la centralità di un amore indissolubile, non poteva esserci di meglio che un’espressione capace di coniugare simbologia e senso di appartenenza. Eravamo in una pausa nel corso di una riunione al Club Nerostellato di Orazio Vitale, e si discuteva di massimi sistemi. Di Napoli e di un calcio alieno dalle passioni di quello dilettantistico. Perché, ovunque fosse chiamato, Andrea Baldi non si sottraeva mai all’invito. Per un’intervista, per un confronto, per una semplice spiegazione. E lo faceva sempre con quella educazione tipica che lo caratterizzava nei modi ossequiosi e signorili, nella paziente disponibilità e nei concetti mai urlati o imposti. Era lui a farsi avanti per mediare tra tifosi e società quando qualche incomprensione rischiava di incrinarne i rapporti. Anche in questo modo di porsi, Andrea sapeva trovare le parole giuste per comunicare un punto di vista o persino un’opinione forte. Né tante né poche, perché non era di certo un introverso: solo quelle adatte a descriverne una flemma strutturale e una pacatezza d’animo invidiabile, che rasserenava l’interlocutore. Le stesse qualità che gli consentivano di gestire con intelligenza e umanità lo stress del post partita, quando, anche dopo una sconfitta o una domenica particolarmente caotica, lo vedevi immancabilmente seduto in segreteria. Sereno, mai polemico, abituato com’era ad introdursi negli umori degli altri piuttosto che ad esprimere i propri. Andrea era in definitiva un uomo di ascolto, di comunicazione e di immagine. Vederlo teso o nervoso era impossibile perché certe emozioni sapeva governarle.

E se le sue parole erano sempre misurate, di certo non lo erano i sorrisi. Di quelli, per fortuna, fanno giustizia le tante foto che lo ritraggono al fianco di molti addetti ai lavori, giornalisti, calciatori, presidenti e operatori. E poi quell’amicizia speciale e spontanea con Stefan Schwoch. Abituarsi alla sua mancanza è dura, rinunciare a una gentilezza così pervadente è doloroso. Lo è per tutti quelli che, già mercoledì scorso, hanno lasciato un pensiero o un ricordo appena appresa la notizia della sua scomparsa. In primis quei club che da avversari ne avevano incrociato il cammino. Ci è arrivata con colpevole ritardo la sua amata Frattese, per ragioni surreali e non certo motivate. Ma questa è un’altra storia. E pensare che proprio lui, che in passato aveva vestito la maglia nerostellata, era stato l’artefice principale della trattativa che meno di un anno fa aveva portato al ribaltone societario, favorendo il passaggio di mani da Rocco D’Errico alla famiglia Guarino. Tutto questo dopo essere stato già tra i protagonisti della rifondazione nel 2017. All’epoca, ci si stava infilando in una scommessa difficile, poi coraggio e intraprendenza lo hanno premiato insieme ai suoi compagni di viaggio, Antonio Lamberti, Rocco Pellino e, appunto, il presidente Rocco D’Errico. Il giorno della presentazione presso l’Old Rope resterà indimenticabile perché è in quell’occasione che abbiamo conosciuto l’uomo, prima ancora del dirigente. Di questa Frattese, Andrea era rimasto direttore generale, pur sentendosi ormai ai margini. E il pensiero mai come ora va alla moglie Tiziana e alle figlie Roberta e Sabrina. Anche per Tiziana sentirsi parte di una comunità appassionata e genuina come quella nerostellata, soprattutto in occasione del rito domenicale, era un motivo di felicità e appagamento. Il resto riguarda una vicenda su cui dovrà essere fatto un punto di chiarezza definitivo e sulla quale non possiamo essere noi ad esprimerci. Che la terra ti sia lieve, Andrea.                

Sezione: Fuori Campo / Data: Lun 01 marzo 2021 alle 15:15
Autore: Stefano Sica
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