Intuito sopraffino, carisma innato, senso dell'ironia. E poi quel rigore dialettico sempre vivido, che sapeva rapirti e portarti via. Mauro era non a caso il "capitano". In tutti i sensi, in campo come nella vita. Il mentore di un calcio che non c'è più, il profeta di un'era irripetibile. Il ragazzo del '72, come la storia ha sancito a futura memoria. Delle sue origini toscane non aveva smarrito la severità analitica e l'eloquio forbito, a volte rigido. Della sua maturata identità di meridionale, la semplicità e l'amore per il mare. Il suo mare, quello salentino, che amava osservare con gli occhi del bambino e l'entusiasmo del sognatore. Ne ha percorsi di chilometri su quelle spiagge capaci di rigenerarlo nello spirito, perché allenare il corpo gli serviva per tenere sempre accesa la mente. E Mauro sportivo lo è rimasto a vita, idealmente quelle scarpette al chiodo non le ha appese mai. Una simpatia malcelata per la Juve ma, soprattutto, un amore viscerale per Avellino, il suo rifugio preferito dove non bucava mai un evento o un invito privato. Amava stare tra le persone e con loro contaminarsi. Adorava insegnare e tramandare le sue esperienze, quegli aneddoti di spogliatoio e di calcio vero non accessibili a tutti. Ma sapeva anche ascoltare, malgrado il vero privilegio fosse ascoltare lui. E bacchettare senza mandarle a dire, se necessario. Era nella sua natura, nella spontaneità di chi non si lascia sedurre da compromessi o convenevoli. Ne abbiamo trascorse di serate insieme - insieme al suo inseparabile amico Piero Fraccapani, un altro monumento della narrazione biancoverde - ognuna ricca di racconti, di sfoghi, di quei piccoli particolari tanto sconosciuti quanto intriganti che tutti insieme avevano contribuito ad alimentare quella gioiosa macchina da guerra che nel 1973 non faceva prigionieri tagliando il traguardo della storica promozione in serie B. Mauro era anche persona dallo spessore culturale non comune, molto attenta alle vicende politiche ed a tutti i fenomeni di attualità del nostro Paese. Il calcio era la sua passione ma non di certo il suo fortino esclusivo ed autoreferenziale. E capitava a volte di scontrarsi, di rinfacciarsi un pensiero diverso senza infingimenti. Ma anche da questi confronti c'era qualcosa da imparare, uno spunto sui riflettere, per quanto ognuno finisse per rimanere legittimamente sulle proprie posizioni. Antonio Gramsci odiava gli "indifferenti", quella categoria parecchio inflazionata anche nel mondo del calcio specialmente quando si scende sul terreno della politica e delle sue categorie. E Mauro indifferente non era. Al silenzio ruffiano preferiva l'opinione circostanziata, anche pungente. La sua è stata una vita vissuta appieno e in maniera intensa. Un viaggio costantemente ad alta quota. La sosta è arrivata soltanto sulla cima. Ci mancherà la sua umanità. Che la terra gli sia lieve.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 22 gennaio 2023 alle 10:00
Autore: Stefano Sica
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