Prima un pugno, a freddo, sferrato con un cinismo raccapricciante al malcapitato capitano del Napoli United Aaron Akrapovic in pieno viso. Poi addirittura le proteste astute, da consumato commediante, verso un arbitro fin troppo distratto, che lo aveva graziato con una semplice ammonizione. Non si è fatto mancare nulla Carmine Sinigaglia, attaccante della Nuova Napoli Nord e figlio del patron societario, che già qualche anno fa si era guadagnato un frammento di involontaria notorietà per aver aggredito nel corso del match col Pomigliano il proprio allenatore Nicola Ferrara dopo un cambio mal digerito (per usare un eufemismo). Anche all'epoca la stessa società a conduzione familiare aveva provveduto in una manciata d'ore a stilare un paio di righe surreali in cui si esonerava il tecnico accusandolo di "incompetenza e comportamenti scorretti". Con tali precedenti, non può meravigliare l'atteggiamento tronfio del club, che piuttosto che fare ammenda sull'accaduto - il minimo sindacale per una forma di rispetto e riguardo non solo verso l'avversario, ma più in generale nei confronti di un sistema che lo accoglie e di cui è da anni parte integrante - ha preferito lasciare il cerino in mani altrui e nascondersi dietro presunte, e mai provate, ingiurie e minacce pronunciate da tesserati del Napoli United verso i loro calciatori. Un compendio di concetti macchiettistici innaffiati persino da una grammatica incerta. Ma questa è un'altra storia che strappa solo un timido sorriso. Restano piuttosto le conseguenze di un atto così scellerato: una operazione di ricostruzione del setto nasale (danneggiato da una frattura scomposta), a cui è stato costretto a sottoporsi il difensore di origini bosniache, e una probabile quanto auspicabile querela di parte per lesioni personali. Ultimo, e quasi doveroso atto in mancanza di una decisione disciplinare specifica del direttore di gara (in verità mal assistito dal suo primo collaboratore) e di una valenza tecnica e legale della prova televisiva, applicabile soltanto tra i professionisti.

Nel frattempo, si è esaurita anche la breve e fallimentare avventura della famiglia Sinigaglia a Pianura. A darne notizia, in maniera laconica, è stato sempre il club, che in ogni caso continuerà ad usufruire del "Simpatia" per allenamenti e gare casalinghe. Da separati in casa. Ma ad essere stuzzicanti sono soprattutto i retroscena che stanno alla base di questa separazione. Insomma tutto ciò che viene sottaciuto in questo secondo comunicato, arrivato a stretto giro, ma che viene poi raccontato con dovizia di particolari dal gruppo di sostenitori che da sempre sostiene il Pianura, gli ultras 80126. Ciò che emerge è che, in realtà, sono stati proprio i tifosi biancazzurri a favorire saggiamente questa dicotomia. E ben prima dei fatti maturati al "Vallefuoco", che semmai ne hanno fatto da propellente anche per la legittima aspirazione degli ultras a non essere associati ad episodi di violenza, lontani dal loro modo di pensare e dai valori sportivi di un intero quartiere. "Abbiamo assistito a cose assurde - si legge in una nota -. Giocatori che dovevano raggiungere lo stadio in trasferta con le proprie auto. I calciatori stessi spesso e volentieri sono dovuti scendere in campo con i completini zuppi d'acqua. Si è preferito cambiare sei allenatori in un mese e giocare con la Juniores piuttosto che pagare calciatori di categoria. Unico perno imprescindibile il figlio nonché capitano e goleador a detta loro, Carmine Sinigaglia. Permettendosi il lusso di gettare la nostra maglia a terra. Non ci sono i presupposti per continuare, Pianura non merita di essere rappresentata da una famiglia del genere".

Ecco svelato il bluff anche agli occhi di una tifoseria che pure nei mesi passati aveva effettuato un'apertura di credito ai Sinigaglia prima che la realtà entrasse a gamba tesa in una vicenda dall'esito non tanto inatteso per i trascorsi di un nucleo dirigenziale economicamente debole e imperniato su una gestione del club familistica, priva di figure aderenti ad una sfida pesante come quella di un campionato di Eccellenza. E i risultati, presenti e passati, stanno lì come una scure sanguinaria. Già nelle scorse settimane, dopo un confronto tra le parti, gli ultras biancazzurri avevano invitato patron Sinigaglia ad un congedo indolore una volta riscontrata l'insussistenza di un progetto fragile e transitorio. Tanto da avergli avanzato una proposta economica - respinta dopo una fase di valutazione - per rilevare il club e stabilizzarlo a Pianura. Un'offerta tanto più credibile perché forte già di un sostegno finanziario che il quartiere aveva generosamente assicurato con la discesa in campo di alcuni sponsor del territorio che sono andati a coprire buona parte del budget accantonato per gli adempimenti economici relativi al campionato in corso. È anche e soprattutto con questa iniezione di denaro che i Sinigaglia hanno potuto far fronte alle spese di gestione. A questo si aggiunge la grana abbonamenti: sono diversi quelli sottoscritti a inizio stagione da tanti tifosi che - scottati dall'addio della famiglia Di Costanzo - hanno voluto fornire il loro apporto alla rinascita del calcio nel quartiere ma che ora, col collasso definitivo del progetto Pianura, si trovano in mano un mucchio di carta straccia. Anche su questo argomento i Sinigaglia saranno chiamati a fare chiarezza, magari provvedendo ad un rimborso parziale delle tessere. Fatto sta che il futuro del Pianura è adesso una incognita. E da domani, malgrado lo sbarco dell'Albanova al "Simpatia", un intero territorio sarà di nuovo privo di una realtà nella quale identificarsi. "Rinnoviamo la nostra promessa: se ci sarà una possibilità per far rinascere il calcio a Pianura in maniera seria, faremo di tutto per aiutare la nuova società", promettono gli ultras 80126. Un auspicio che è anche l'affermazione di un impegno solenne e di una assunzione di responsabilità, come questi ragazzi hanno già dimostrato di saper fare con passione innata e uno spirito di organizzazione che non può essere sopraffatto da delusioni e disillusioni del momento.

Un ultimo pensiero andrebbe infine rivolto al Comitato regionale presieduto da Carmine Zigarelli. A distanza di sette giorni dall'aggressione ad Akrapovic, non è arrivata ancora una nota di condanna o di dissociazione da un episodio così deplorevole che pure ha assunto una ribalta nazionale imponente per la sua gravità. Un'omertà che sorprende, che non ha giustificazioni, che forse vorrebbe liquidare ad ordinaria amministrazione comportamenti che invece gettano discredito su un mondo popolato da risorse e competenze che non meritano una frettolosa reductio ad unum di certi fenomeni. E in un futuro non lontano varrà la pena ridiscutere un sistema di regole, di diritti e di doveri che restituisca finalmente dignità al campionato di Eccellenza e si depuri da avventurieri e personaggi ambigui che proprio nel vuoto di un determinato quadro normativo sguazzano e si riproducono, arrivando a misurarsi con realtà diametralmente opposte alla loro con la conseguenza di un'alterazione strutturale dei tornei e di un sano principio di concorrenza. Un confronto al quale i vertici federali non potranno sottrarsi, che lo vogliano o meno.

Sezione: Primo Piano / Data: Sab 13 novembre 2021 alle 16:45
Autore: Stefano Sica
vedi letture
Print