Anche chi fa della critica una ragione di vita stavolta deve ammettere l’assenza di difetti: Napoli spettacolare e stellare. Dopo due settimane di polemiche per la decisione dell’Asl di vietare la trasferta di Torino in casa della Juventus con il giudice sportivo che ha assegnato la sconfitta a tavolino agli azzurri con punto di penalizzazione, si pensava che il Napoli a livello mentale potesse pagare dazio contro l’Atalanta. Quella orobica è una squadra che da due anni fa parlare di sé per quanto di straordinario riesce a fare in campo e non solo all’interno dei confini nazionali, addirittura non più tardi di qualche mese fa ha sfiorato la semifinale di Champions. Nelle prime tre partite di questo campionato, sembrava addirittura ancora più forte e convinta dei propri mezzi annientando le avversarie a suon di gol, tant’è che ormai tutti gli addetti ai lavori erano concordi nell’indicare la Dea come una accreditata pretendente per il tricolore. 

Si pensava che per il Napoli non ci potesse essere avversaria peggiore e ci si chiedeva se la macchina da guerra di Gasperini avrebbe raso al suolo anche il San Paolo. Invece, è successo l’incredibile, non perché il Napoli si sia imposto, ma per la superiorità schiacciante con cui l’ha fatto. La pratica è stata chiusa nel primo tempo con un’Atalanta tramortita da un perentorio e autorevole poker che non ammetteva discussioni, c’era una sola squadra in campo. Era così deflagrante il Napoli e così impotente la Dea che si aveva quasi la sensazione che ci fosse una categoria di differenza tra le due squadre, possibile che gli orobici, per cui si sono sprecati peana, siano andati così in bambola? Cosa sarà successo? O è stato il Napoli a giocare con una intensità tale da risultare devastante su tutti i fronti? In effetti, sin dal primo minuto gli azzurri hanno giocato ad un ritmo forsennato, o è meglio dire asfissiante: prima la doppietta di Lozano, poi la staffilata di Politano e la prima gioia di Osimhen. 

Era tanto atteso il primo gol del nigeriano che, al di là della soddisfazione personale per aver finalmente timbrato il cartellino, ha ancora una volta dimostrato quanto sia fondamentale nel 4-2-3-1 di Gattuso. Non solo riempie l’area, attacca la profondità come pochi con quella velocità supersonica che gli permette di bruciare gli avversari quand’anche dovessero avere metri e metri di vantaggio. Applausi per Lozano che, scrollatosi di dosso l’etichetta di giocatore strapagato, sta dimostrando di valere l’investimento della società per strapparlo dal Psv. Contro il Parma è entrato nelle azioni dei due gol, poi doppiette contro Genoa e Atalanta, il messicano potrà davvero essere l’arma in più per Gattuso. Ha ritrovato verve e sorriso, e il suo rendimento non cambia sia che giochi a destra o a sinistra, l’importante è che giochi perché se continua così son dolori per gli altri. Non giocava da sette mesi, ma Gattuso ha avuto ragione schierando Bakayoko dal primo minuto, prestazione senza alcuna sbavatura del francese. La verticale nera, quella composta in ordine di reparto da Koulibaly, Bakayoko e Osimhen, ha dato un saggio della sua solidità e il tecnico calabrese si sfrega le mani mentre i tifosi si stropicciano gli occhi. 

Tutti hanno giocato superando ben oltre la sufficienza, non si era mai visto, per esempio, un Fabian Ruiz così a suo agio, chissà che non gli giovi avere accanto uno proprio come Bakayoko, e complimenti doverosi ad uno come Hysaj che sta acquistando sempre maggiore disinvolta nel ruolo di terzino sinistro. Mai come stavolta cercare il pelo nell’uovo non avrebbe senso, si può sorvolare anche sul gol di Lammers perché, anche se mancavano venti minuti, non c’era proprio la sensazione che la gara potesse subire sussulti. Come se l’Atalanta, dopo i quattro gol incassati nella prima frazione, fosse scesa in campo nella ripresa solo per dovere di cronaca nella consapevolezza che ci sarebbe stato ben poco da fare contro quel Napoli. La gara, infatti, si è chiusa all’intervallo e in pochi avrebbero pronosticato un dominio tale di una squadra sull’altra da chiudere i giochi in 45’. 

Il Napoli è una squadra forte, che potrebbe puntare in alto anche se è meglio non prevedere fin dove potrà spingersi per non creare delle aspettative che avrebbero un effetto controproducente. La scorsa annata non deve mai essere dimenticata, soprattutto quello che è successo fino a dicembre, poi con una nuova guida tecnica è stato messo un trofeo in bacheca disputando un girone di ritorno da podio con 38 punti conquistati. Ora bisogna solo scongiurare un rischio, quello dell’autocompiacimento, che potrebbe affiorare a livello inconscio dopo i sei gol rifilati al Genoa e i quattro all’Atalanta. Fame e veleno dovranno essere le parole chiave su cui Gattuso dovrà costruire la mentalità di questo Napoli che, proprio grazie al tecnico calabrese, ha ritrovato identità e fiducia.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 18 ottobre 2020 alle 11:52
Autore: Maurizio Longhi
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