Quando arrivò in Italia qualcuno titolò: «Dal Partenone al Partenio», simpatico giro di parole per celebrare un grande centravanti greco. La “Gazzetta dello Sport” si lasciò prendere ancor più dall’entusiasmo: «Scende dall’Olimpo il cannoniere dell’Avellino», ma il greco Anastopulos tutto era tranne che un Dio greco o un “virtuoso” del calcio. Il nuovo acquisto, che venne subito soprannominato il “Virdis del Partenone” per la sua vaga somiglianza con il noto centravanti italiano, accentuata dal “baffo” e dalle foltissime sopracciglia, aveva in comune con il sardo anche qualcos’altro: un’indomita indolenza e un’insostenibile apatia. Il Virdis vero però vedeva la porta come pochi, insomma la buttava dentro con costante regolarità. Anastopulos invece no, nella maniera più assoluta. Prelevato dall’Olimpiakos Pireo, dove segnava regolarmente in doppia cifra ogni anno, nella stagione 1987/88 offrì all’Avellino prestazioni allucinanti riassunte dalla imbarazzanti cifre che seguono: 16 presenze e zero gol.

L’avventura di Bersellini sulla panchina dell’Avellino inizia con un pareggio in casa contro il Cesena, quindi arrivano altre tre sconfitte contro Juventus, Sampdoria e Milan. E Anastopoulos? Anastopoulos continua a giocare, o meglio, continua ad essere mandato in campo, perchè giocare non è esattamente il termine che si può utilizzare guardando l’incredibile lentezza, indolenza ed apatia del centravanti greco che vaga per il campo un po’ a caso, quando l’Avellino non è in possesso di palla lui cammina, poi si ferma con le mani sui fianchi in attesa che i compagni riconquistino la sfera. Che sia indolente lo si capisce sin da subito, ma che il greco sia in pratica l’ombra di un calciatore non era minimamente concepibile quando il club irpino aveva speso ben 500 milioni di lire per strapparlo all’Olympiakos e ad una discreta concorrenza europea. Che Anastopoulos non fosse Van Basten era chiaro sin da subito, che però un centravanti in due mesi di campionato non producesse neanche lo straccio di un tiro era francamente inimmaginabile. Celebre la sfida del Comunale di Torino contro la Juventus, il 1 novembre 1987, quando Anastopoulos, schierato ancora in campo dall’inizio, sbaglia il possibile e l’impossibile, dagli stop ai contrasti, fino ad un clamoroso contropiede nel quale scatta verso la porta juventina con metri e metri di vantaggio su Sergio Brio che in un attimo lo recupera, lo supera e appoggia il pallone all’indietro a Tacconi. Chi era allo stadio quel giorno parla di un doppiaggio di Brio, stile Formula 1. Ma era calcio, purtroppo per l’Avellino.

La pazienza di Bersellini sta per terminare, anche perchè l’Avellino continua ad essere ultimo in classifica e la salvezza inizia ad essere un miraggio per la formazione campana. L’allenatore non sopporta i comportamenti di Anastopoulos, troppo pigro per i suoi gusti, ma soprattutto inconcludente in campo dove di tiri e azioni pericolose non se ne vedono, di gol men che meno. Il sergente di ferro va a lamentarsi col presidente: “Ma chi avete comprato?”. La dirigenza gli implora pazienza e fiducia: “Mister, lo abbiamo pagato 500 milioni, dovrà pur valere più di questo”. Ma le giornate passano e la situazione non cambia, anzi, se possibile peggiora: l’attaccante greco non ne azzecca una e finisce stabilmente in panchina, del resto Bersellini non può perdere tempo con chi non gli dà fiducia e con chi non si sacrifica per la causa del gruppo, tanto più che tutte queste qualità decantate in estate non vengono confermate da un calciatore che sembra paralizzato in campo, mai in grado di ritagliarsi spazi pericolosi. Qualcuno suggerisce all’allenatore di mettere il greco fuori rosa, ma il tecnico si limita a lasciarlo in panchina, forse sperando così di stimolare l’orgoglio di un centravanti che in carriera aveva sinora segnato quasi 200 gol.

L’Avellino retrocede mestamente in serie B dopo dieci anni di stoica resistenza in A, mentre Anastopoulos vive l’onta di diventare una sorta di macchietta, di figura allegorica del campionato italiano: ad Avellino qualcuno lo chiama ‘O Baffone’, nei bar sghignazzano pensando ai titoli dei giornali estivi, “Dal Partenone al Partenio”, giocando con le parole del simbolo architettonico ateniese e del nome dello stadio di Avellino. Cosa può esserci di peggio di un campionato chiuso con appena 15 presenze e nessun gol, la retrocessione della squadra e l’etichetta di bidone cucita addosso? Strano ma vero, Nikos Anastopoulos è riuscito ad andare oltre: ultima giornata, per fortuna degli avellinesi, la squadra di Bersellini, già retrocessa, gioca a San Siro contro l’Inter e il tecnico, forse anche per ripicca nei confronti della società, schiera il greco nuovamente dal primo minuto; la partita è soporifera, lo stadio è arrabbiato perchè lo scudetto sta finendo nelle mani dei rivali del Milan e di fronte c’è l’Avellino già in serie B. Sembra la partita adatta per la malinconia e la mestizia, tanto che Anastopoulos sembra sguazzarci benissimo: al minuto 10 del secondo tempo si fa buttare fuori dall’arbitro dopo un fallo e un conseguente battibecco col direttore di gara. A far gol in Italia non ha imparato, a dire le parolacce evidentemente sì. Colmo dei colmi, l’attaccante ellenico inizia a guardarsi intorno perchè non si ricorda dove sia l’uscita per gli spogliatoi, imbocca una via a casaccio e la sbaglia, suscitando l’ilarità del pubblico presente. Forse è un po’ questa la fotografia dell’annata tragicomica di Anastopoulos in Italia.

Sezione: Curiosità / Data: Mer 10 febbraio 2021 alle 15:47
Autore: Antonio Vistocco
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